I libri Effigi su Manciano, Pitigliano, Sorano.

Lo squadrismo fascista a Sorano

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Manifestazione fascista a Sorano capoluogo

A Sorano il fascio di combattimento venne fondato il primo agosto del 1921[1], “ quando però da più di un anno, ossia, proprio da quando Benito Mussolini fondò il primo Fascio di Combattimento, Sorano ebbe una squadra di animosi capitanati da uno studente locale[2], che, puri tra i primi, sentirono la bellezza della nuova idea e si votarono a difenderla. E… varie furono le battaglie combattute, a Grosseto, tra i minatori di Castell’Azzara e a Pitigliano… Sorano estirpò facilmente dall’animo dei suoi pazienti lavoratori l’eresia rossa; nessun conflitto fratricida offuscò la sua storia, mentre Pitigliano conta tra l’altro un grave ferimento di un carabiniere; Manciano un attentato al Vescovo Diocesano[3]. In realtà, anche a Sorano, il fascismo si affermò con le violenze e le intimidazioni agli esponenti socialisti che avevano vinto le elezioni nel settembre del 1920. A Sorano, il 2 maggio 1920, era stato inaugurato il vessillo della sezione socialista, evento al quale avevano preso parte le leghe proletarie di varie frazioni: Castell’Ottieri, S. Giovanni, Elmo, Sovana e anche del comune di Pitigliano. Cantando i lori inni, le leghe attraversarono il paese, poi Scossa, Cinelli e Dinelli, tennero un discorso in Piazza della Fonte. A seguito di tali avvenimenti i socialisti conquistarono il municipio nel settembre del 1920, quando fu eletto primo cittadino Luigi Scossa, ex combattente con il grado di caporale. Tra settembre e la fine dell’anno, si registrarono già alcuni  episodi di violenza, fra cui l’attentato al prosindaco socialista, il calzolaio Crispino Lombardi, nato a S. Quirico il 28 giugno 1874. Agli inizi del Novecento Lombardi era stato eletto consigliere comunale di Sorano e in quel ruolo aveva lavorato per la modernizzazione del territorio e per una politica di giustizia sociale, in opposizione alle famiglie dei proprietari terrieri di ideologia liberale. Nel 1910 egli fu nominato, dal Commissariato per l’Emigrazione, rappresentante legale della compagnia di navigazione “Anchor Line” per il Mandamento di Pitigliano. Il 12 dicembre 1920 “con l’intervento del compagno Lombardi Crispino, prosindaco del Comune di Sorano, è stata qui costituita la Sezione Socialista. Essa si propone di fare l’intensa propaganda per la divulgazione dei principi socialisti. Il Consiglio Direttivo è stato formato dai compagni: Nucci Armando segretario, Caterini Sante cassiere, Nucci Giov. Battista, Gerumaglia Antonio e Pucci Arnolfo consiglieri[4]. Diciotto giorni dopo, nell’osteria di S. Quirico di proprietà di Paolo Lombardi, quattro individui si erano intrattenuti dalle 10 del mattino alle 15, bevendo e giocando. Poi uno di loro uscì e tornò dopo un po’ di tempo, sollecitando gli altri a seguirlo. Erano Domenico Pampanini e un certo Tascio, entrambi invalidi della Grande Guerra, il primo con gravi menomazioni alla vista, l’altro a una gamba. Gli altri due erano un certo Capocchi e Giuseppe Minori, quest’ultimo fatto segno a fucilate nel 1921 dagli antifascisti. Quel pomeriggio di fine anno i quattro si diressero verso Sorano capoluogo. Dopo circa un chilometro si appostarono in località La Selva, luogo ritenuto ideale per l’imboscata che si accingevano a tendere al pro-sindaco socialista Crispino Lombardi, di ritorno da una seduta del Consiglio comunale. L’amministratore era accompagnato da Egidio Amoroso Cavallucci, all’epoca repubblicano, poi gerarca e ispettore di zona del Partito fascista. Giunti a La Selva i due si videro sbarrare il passo dagli aggressori e dopo un breve diverbio, Pampanini accoltellò Lombardi, fortunatamente senza ledere organi vitali[5]. Verosimilmente sarebbe finita peggio se non fossero intervenuti due giovani che si trovavano nelle immediate vicinanze, Arnolfo Pucci e Goffredo Tramontana, che si sbarazzarono dei malintenzionati[6].  “Il Risveglio” del 9 gennaio 1921 accusò il Partito popolare di essere il mandante dell’aggressione, esortando il parroco del paese, Don Ugo Sanità, a “non servirsi della religione per fare propaganda antisocialista”. Si accusavano “i soliti maneggioni di politica che si camuffano sotto la veste di apostoli di Cristo” che “dovrebbero insegnare ai propri uomini un po’ di educazione politica. Di Cristo venuto sulla terra per predicare la pace, essi se ne servono per uccidere”. Il Partito popolare rispose dalle pagine de “Il Rinnovamento”, accusando la stampa socialista di aver scritto menzogne, esprimendo la propria solidarietà alla vittima: “Chi ha aggredito e ferito il Lombardi merita – e non lo diciamo davvero a fior di labbra – la riprovazione di tutti gli onesti”.

La reazione all’attentato fu un tentativo d’assalto alla canonica di S. Quirico, mentre il parroco di S. Valentino ritenne opportuno allontanarsi. Furono immediatamente indetti comizi pubblici, in segno di protesta, sia a Sorano sia a S. Quirico[7], mentre il sindaco Scossa lanciava un appello alla pace e alla concordia, auspicando il ritorno alla normalità[8]. Erano appelli destinati al vento, anche in conseguenza di alcuni interventi repressivi della forza pubblica contro le occupazioni di terre da parte dei fanti-contadini ritornati dal fronte. In particolare, il cosiddetto “Eccidio di S. Martino sul Fiora”, come lo definì “Il Risveglio” dell’8 gennaio 1921, cioè il ferimento da parte dei carabinieri di Samprugnano di Cherubino Papalini, Alessandro Scalabrelli, Bastiano Ballerini, Tito Lucentini, Dionigi Melosini, avvenuto, secondo il foglio socialista, senza motivi particolari. La stessa mattina dell’8 gennaio le forze dell’ordine intimarono di smettere di lavorare ai soci della Cooperativa agricola di Pitigliano nella località Bottinello (tenuta Voltone). Si trattava di terreni, sia quelli di San Martino, sia questi di Pitigliano, requisiti dalla Commissione Provinciale, come previsto dalla legge e con l’approvazione del prefetto e dunque destinati agli ex combattenti. Lo stesso 8 gennaio i carabinieri uccisero un dimostrante durante un tentativo di occupazione delle terre a San Valentino di Sorano[9]. Il giorno successivo il sindaco di Manciano, Lepanto Butelli, inviava un telegramma di solidarietà e di vigorosa protesta per l’accaduto[10]. Il 3 marzo 1921 i socialisti soranesi indissero uno sciopero generale, al quale aderirono in massa le popolazioni rurali del comune, raggiungendo il capoluogo “per protestare energicamente contro le sopraffazioni fasciste[11].

Le prepotenze degli squadristi non impedirono il festeggiamento del Primo Maggio sia a Sorano sia a S. Quirico, con l’intervento del “compagno Rag. Filiberto Tammaro di Aquila[12].

A metà maggio il sindaco Scossa ricevette una lettera anonima che lo “invitava” alle dimissioni. Il testo era molto meno raffinato e sarcastico di quello inviato da Dino Perrone Compagni, leader del fascismo toscano, al sindaco di Roccastrada in data 6 aprile del 1921. L’anonimo fascista soranese si rivolgeva senza mezzi termini al primo cittadino: “Buchino! (nomignolo del padre di Scossa) Ancora no? Quando? (bestemmia). Scendi e lascia il posto che indegnamente occupi. In capo a due giorni se non sapremo la tua rinunzia per te è finita. Da coglioni, gente indegna traditori della patria. Per ora basta ci siamo intesi. Bastano le prepotenze, le macchine…bastano”[13]. Nel trasmettere al prefetto la minaccia anonima, Scossa si mostrava preoccupato per un’incursione fascista in grande stile, cioè con la presenza di elementi provenienti da altre località. Che i suoi timori fossero tutt’altro che infondati è dimostrato da un manifesto del fascio di combattimento di Sorano del 20 ottobre, dal titolo “Perché tutto si sappia”, nel quale si riferisce di un’intesa raggiunta fra il segretario dei fasci e quello socialista, in base al quale “i fascisti non avrebbero percorso il paese prima che fosse stata conclusa la pacificazione, subito dopo la quale si sarebbero allontanati i fascisti forestieri”[14]. Poi si denunciavano le aggressioni contro il fascista Giuseppe Minori di S. Quirico e il tentativo di malmenare Agostino Celli, che riuscì a non farsi prendere dagli avversari. Tali scontri ebbero origine dall’inaugurazione, avvenuta qualche giorno prima, del gagliardetto del locale fascio di combattimento, alla presenza dell’onorevole mancianese Gino Aldi Mai[15], fondatore dell’Associazione Agraria della Provincia, poi esponente di rilievo del fascismo maremmano, “qui convenuto appositamente” e dell’onorevole Sarrocchi. In questa occasione “qualche bastonata toccò ai vari irriducibili bolscevichi che avevano tentato di turbare la bella festa”[16].

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Squadristi a Montebuono (foto gentilmente concessa da Pierluigi Domenichini)

Alla fine del 1921 ai fascisti locali si erano uniti quelli dei comuni e delle province limitrofe, in particolare di Pitigliano e Piancastagnaio. Con telegramma n. 20964 del 3 giugno 1921 il prefetto di Grosseto, Antonio Boragno, denunciava l’irruzione di un gruppo di fascisti di Piancastagnaio (Siena) avvenuta il 13 maggio nelle frazioni di Castell’Ottieri e San Giovanni delle Contee, dove furono commesse violenze contro le sedi delle leghe proletarie e alcuni esponenti socialisti[17].

Nel comune di Pitigliano, poi, Arturo Romboli, nativo di Pontassieve e inviato del Partito fascista fiorentino, aveva fondato il fascio il 16 ottobre del 1921 e alcune squadre d’ azione, come la “Terribile” e la “Ivo Saletti”. Al loro comando si alternarono Romboli, il senese Furio Terzucci, il romano Valerio Mercati, Sandro Linciardi e il soranese Goffredo Pagni, che s’iscrisse alla sezione pitiglianese assieme ad altri suoi concittadini. A queste 2 squadre si aggiunse la “Folgor”, fondata da Antonio Pavolini di Pistoia, iscritto al fascio di Pitigliano il 14 novembre 1921. Il maggior esponente e animatore dello squadrismo e del fascismo della “Piccola Gerusalemme” fu Ferdinando Cavallari, amministratore dei marchesi Ciacci[18], dunque legato a Gino Aldi Mai. La “Terribile” e la “Ivo Saletti” distrussero la Cooperativa rossa di Pitigliano “Produzione e Lavoro” e ne incendiarono l’archivio, commisero numerose azioni notturne presso le abitazioni dei “sovversivi”, in particolare di Ercole Gervasi e di Adolfo Giuseppe Dinelli, condotti alla casa del fascio e purgati e infine costrinsero, con azioni cruente, il sindaco Pietro Bocini e gli assessori socialisti alle dimissioni[19].

Il 25 novembre 1922 alle ore 17.15 fu eletto, con 18 voti su 19, l’avvocato Giuseppe Bruscalupi, il primo sindaco del ventennio fascista pitiglianese. Intanto la “Terribile” e la “Ivo Saletti”, in sodalizio con i fascisti di Sorano[20], avevano organizzato spedizioni punitive in alcune frazioni di questo comune: a S. Quirico fu distrutta la Cooperativa socialista, a Sovana e all’Elmo vennero bastonati i “sovversivi”. Spedizioni riguardarono Sorano, S. Giovanni e S. Valentino. Poi fu la volta dei comuni limitrofi: distruzione della Camera del Lavoro di Castell’Azzara[21], azione cruenta contro i sovversivi di Manciano, irruzione nelle abitazioni a Saturnia, scontri a Onano e Civitavecchia, assalto alle carceri di Grosseto e spedizione a scopo intimidatorio a Farnese[22]. A San Giovanni delle Contee quattro fascisti cercarono di aggredire Agostino Sebastiani, un uomo di grande stazza e forza fisica che reagì picchiandoli e che per questo fu arrestato[23].

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San Quirico 1923, manifestazione fascista con benedizione del parroco Don Ugo Sanità della lapide posta in piazza e inaugurata laicamente nel primo dopoguerra.

L’amministrazione socialista di Sorano cadde alla fine del 1921, dopo l’arresto del consigliere comunale e provinciale Orfeo Cinelli, del prosindaco Crispino Lombardi e di alcuni giovani, carcerati per essersi opposti alle violenze degli avversari. Erano stati arrestati, processati e assolti per gli scontri con i fascisti e per resistenza a pubblico ufficiale 33 socialisti e comunisti: Antonio Babbucci, Giuseppe Corfidi, Luigi Camilli, Francesco Papini, Giuseppe Agnelli, Orfeo Cinelli, Crispino Lombardi, Italo Camilli, Luigi Cannucciari, Francesco Pinzi, Concetto Ronca, Ettore Ronca, Giuseppe Totarelli, Matizio De Angelis, Armando Nucci, Uliano Sanità,  Zelindo Sanità, Simone Niccolini, Umberto Arcangeli, Antonio Geromaglia di Onano, Santi Ghezzi, Luigi Pietrini, Orlando Pietrini, Omero Martinelli, Vincenzo Pietrini, Idilio Borsetti, Olinto Antoni (o Antocci), Elvio Leoni, Ottavio Monaci, Nazzareno De Angelis, Amedeo Papini, Pietro Marabottini e Adele Domenichelli. Erano tutti campagnoli e calzolai. Adele Domenichelli, nativa di Manciano, era una delle levatrici del Comune di Sorano. Era stata processata per istigazione alla violenza perché, dalla finestra della casa di Crispino Lombardi in S. Quirico, la sera del 20 ottobre del 1921 aveva gridato a numerosi giovani che andavano verso Sorano “Andate, andate, e fateli a pezzi quei mascalzoni di fascisti!”[24].

Le violenze si abbatterono anche su Orfeo Cinelli, presidente della Cooperativa di Castell’Ottieri, consigliere comunale e provinciale. Il 9 maggio del 1922 l’onorevole Merloni intervenne alla Camera dei Deputati per denunciare la situazione di Cinelli e Lombardi, ingiustamente accusati di oltraggio a pubblico ufficiale e violenza privata a Sorano capoluogo. In realtà, Lombardi quando fu arrestato si trovava a S. Quirico, mentre Cinelli era stato ammanettato a Sorano dove si era diretto dal proprio paese con alcuni soci della Cooperativa, per incontrare l’amministratore di un latifondista e risolvere una questione relativa al prezzo dell’affitto delle terre, che non corrispondeva a quanto stabilito in precedenza. Quando Cinelli fu informato che a Sorano si stavano verificando dei disordini per la presenza di fascisti, ordinò ai suoi compagni di tornare indietro ed entrò da solo in paese. Qui fu arrestato in uno spaccio di sale e tabacchi, nel momento in cui la situazione si era ormai normalizzata. Cinelli e Lombardi “furono arrestati semplicemente perché assessori, organizzatori, consiglieri provinciali socialisti, e per nessun’altra ragione. Essi sono mantenuti in carcere […] in previsione delle elezioni amministrative a Sorano, ma si temeva che la presenza di questi due capi di questo nostro movimento potessero mandare a monte i piani di conquista dei nostri avversari […]. Debbo aggiungere, onorevole Casertano, che la tenenza dei carabinieri di Pitigliano si è sempre segnalata […] per il suo atteggiamento fazioso e per le violenze persistenti contro gli elementi operai e socialisti. Il Cinelli, fu non solo ingiustamente arrestato, ma bastonato a sangue dai carabinieri di Pitigliano, e ridotto in tali condizioni da determinare l’intervento degli stessi carabinieri di Sorano, contro quegli energumeni […].  Il Cinelli, durante la permanenza in carcere, ebbe la sventura di perdere il padre e la madre. Il padre lo perdette poche ore dopo che era stato a visitarlo nel carcere, e la madre, di salute malferma, rimase fortemente scossa dalle infamie che sono state commesse contro suo figlio, e che hanno spezzato la sua vita. È per questo che noi protestiamo contro l’indifferenza e le connivenze della magistratura, contro le violenze senza nome e senza numero commesse in quella zona martoriata dell’alta Maremma…[25]. Fu a causa di rinnovate violenze e intimidazioni che Cinelli si trasferì a Genova nel 1926. Qui s’innamorò di Giulia Bisso, e nel maggio del 1934 ebbero una bambina di nome Elisa, che però non l’avrebbe mai conosciuto, perché Orfeo Cinelli, antifascista soranese, morì a Genova dopo un brutale pestaggio degli “italianissimi” il 14 ottobre del 1935[26].

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L’ispettore di zona del Partito fascista Egidio Amoroso Cavallucci in visita a Roma con le donne di San Quirico. Qui sotto l’altare della Patria.

Il sindaco Luigi Scossa era stato più volte minacciato dai fascisti, anche con lettere anonime, e si dimise quando comprese che i rinforzi per la tutela dell’ordine pubblico, più volte richiesti al prefetto di Grosseto, non sarebbero mai arrivati. Nel 1946 Scossa, nominato primo cittadino subito dopo la Liberazione, ricordò che la sua amministrazione era caduta a causa della violenza e di aver subito “persecuzioni e soprusi, comprese le violazioni di domicilio”, come quella compiuta nel settembre del 1920 da una squadra comandata Goffredo Pagni, circostanza in cui un energumeno di Grosseto che si era aggiunto alla spedizione, un certo Galigani “sembra Alfredo”, commise atti osceni e sconci nell’abitazione del sindaco. Prima di Scossa era stato minacciato e malmenato il comunista Ingegner Dario Cappelli, classe 1898, capitano di complemento della Grande guerra, costretto a emigrare nel 1926 in Piemonte e il ragioniere del comune Filiberto Tammaro, obbligato all’immediata partenza da Sorano. In un documento fascista del 1939 Cappelli è definito capo degli Arditi del popolo di Sorano. Egli fu segnalato come comunista nello Schedario politico, assieme ad altri soranesi: Ulisse Franci di Valentino, cl. 1872, antifascista, capo stazione ferroviaria; Manfredo Vanni di Giovanni, cl. 1860, schedato sia come pensionato sia come insegnante, ritenuto socialista; Desiderio Fortunati di Giovan Battista, cl. 1890, antifascista contadino; Virgilio Mari di Lorenzo, cl. 1879, anarchico, macellaio; Alfiero Papalini di Giuseppe, nato a Sorano il 18 maggio 1902, antifascista, cameriere, confinato politico, residente a Roma. Papalini fu arrestato nel novembre del 1930 per Soccorso rosso, confinato a Nocera per un anno, liberato nell’aprile 1931 e radiato nel 1934[27]. Furono picchiati i soranesi Antonio Pichini, Antonio Papini, Enrico Pichini e Zelindo Sanità e violenze furono commesse anche presso l’abitazione di Ilirio Leoni, con gravissime conseguenze per la moglie che era in stato interessante. Le aggressioni, come si è visto, non si limitarono al capoluogo comunale. Giovan Battista Nucci, nato il 4 marzo 1867 a S. Quirico, denunciò al CLN di Sorano di essere stato malmenato dai fascisti nel settembre del 1920: “[…] Essi a tarda sera si recarono nella mia cantina ove mi trovavo col mio figlio Armando e certo Pinzi Francesco intento alla svinatura. Fummo malmenati a sangue, poi fatti salire sopra un camion insieme ad altri antifascisti rastrellati nel paese, fummo portati a Sorano e messi in carcere. La mattina seguente fummo tutti trasportati alle prigioni di Pitigliano, ove fummo trattenuti vari giorni, poi tradotti a Grosseto e denunciati al tribunale per associazione a delinquere. Fu celebrato il processo, ma per tutti pronunziata l’assoluzione, per non aver commesso alcun reato. Non fu possibile riconoscere i partecipanti della spedizione punitiva, data l’ora avanzata della notte. Dopo alcuni giorni nuovamente si recò una squadra d’azione a S. Quirico, questa volta capitanata da Celli Agostino di Sorano e formata da circa 15 elementi. Tra essi riconobbi Rossi Michele, Veronesi Giuseppe, Cavallucci Antonio e altri squadristi. Mentre mi recavo a casa fui circondato da questi energumeni, prima fui minacciato con nerbi e bastoni e poi colpito alla schiena. Il Celli mi impose di “aver giudizio”, altrimenti sarebbero state prese a mio carico sanzioni ben più gravi. Tutto ciò avvenne perché io ricoprivo la carica di segretario del partito socialista di S. Quirico. […] Un’altra squadra d’azione venne a S. Quirico, questa volta capeggiata da certo Romboli Arturo, allora domiciliato a Pitigliano, attualmente residente a Firenze. Alla spedizione si unirono tutti gli squadristi di S. Quirico compresi coloro elencati più avanti. Fui chiamato nella sede del fascio perché certo F. E. di S. Quirico mi aveva accusato di antifascismo. Recatomi al luogo indicato fui circondato da tutti gli squadristi. Certo Corsi… di Pitigliano (decesso) mi percosse violentemente con un bastone alla testa, dopo di che, redarguito e minacciato da tutti i presenti, fui posto in libertà. Più volte furono mandati dai fascisti i carabinieri a S. Quirico a farmi perquisire l’abitazione, perché sospettato di custodire le fotografie di Matteotti. Un altro giorno, mentre mi recavo in campagna fui fermato da un maresciallo dei carabinieri presenti tutti gli squadristi di S. Quirico e perquisito. Fui trovato in possesso di un ronchetto (arnese necessario per le mie faccende agricole). Per questo fui tradotto a Sorano in caserma, ove fui trattenuto fino a tarda ora della notte. Tra gli squadristi era sempre presente il Romboli Arturo”[28].

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Saggio ginnico in piazza a San Quirico.

Nel 1922, durante l’amministrazione del segretario Ghino Berni, nominato commissario straordinario del comune, i fascisti imperversavano in tutta la Provincia di Grosseto. A Sorano “le popolazioni di queste campagne sono impressionatissime per le aggressioni che ora qua ora là si consumano da individui mascherati e armati di tutto punto[29]. Il Primo Maggio 1922 alcuni squadristi del comune di Sorano si recarono ad Acquapendente (VT) dove aggredirono proditoriamente “una pacifica e disarmata comitiva di antifascisti” insieme a elementi locali e di Onano. In quell’occasione uno squadrista onanese sparò e uccise l’operaio Turindo Zannoni, che comunque si era difeso con tenacia[30]. Nel periodico grossetano “L’Ombrone” del 4 giugno 1922, un articolo denunciava i fatti di sangue accaduti a Pitigliano, Sorano, Orbetello e Manciano, riportando l’intervento dell’On. Merloni alla Camera dei Deputati, dove furono esposti quegli eventi con la richiesta perentoria al governo di prendere provvedimenti per ripristinare l’ordine. In questo frangente, a Sorano, numerosi contadini armati di bastone assaltarono le case dei fascisti locali[31]. Richiesta destinata a rimanere inascoltata perché nel settembre Crispino Lombardi, che nel frattempo aveva aderito al Partito comunista d’Italia, fu vittima di nuove intimidazioni e dovette lasciare il Comune di Sorano. Lombardi “fu l’organizzatore del sovversivismo rosso nella zona di Sorano e all’avvento del fascismo dovette allontanarsi, trasferitosi a Roma, ove si vuole darebbe asilo a sovversivi di questa provincia[32]. Si stabilì nella capitale con la famiglia, dove subì nuove persecuzioni fino alla morte avvenuta nel 1931.

Il 15 ottobre 1922, tredici giorni prima della marcia su Roma, a seguito delle elezioni amministrative fu eletto sindaco di Sorano il grande invalido di guerra e proprietario terriero Felice Tavani, capo di un’amministrazione composta anche da fascisti. Cinque mesi dopo, a causa di discordie in seno al consiglio comunale, si verificò una crisi risolta con le dimissioni di Tavani, l’elezione di Agostino Celli e il rinnovo della giunta municipale. Con questa amministrazione prese avvio il ventennio fascista soranese[33].

Franco Dominici

 

 

NOTE
[1] Archivio di Stato di Grosseto, Questura, busta 501, fascio di Sorano.  Nel documento che riportiamo alla nota 3, i fascisti soranesi fanno risalire la costituzione del loro fascio “fin dai primi del 1921”, mentre fu istituito regolarmente il primo agosto del 1921.

[2] Si trattava di Goffredo Pagni. Si veda Archivio del Comune di Sorano (d’ora in poi ACS), Anagrafe, cartella 159. Figlio di Alceste e Finetti Giulia, era nato a Sorano il 24 luglio 1899. Fu ufficiale di complemento nella Grande Guerra. Emigrò a Siena nel 1926 e nell’aprile del 1927 a Monticiano. Nel 1939 risultava deceduto.

[3] ACS, Distacco S. Martino e Catabbio anno 1929 e precedenti, lettera del Partito fascista di Sorano al podestà del comune del 29 dicembre 1927. La lettera fu scritta in occasione del difficile momento vissuto dal Comune di Sorano per il distacco delle frazioni di S. Martino e Catabbio aggregate al Comune di Manciano. A Sorano fra i principali esponenti fascisti ricordiamo: Egidio Amoroso Cavallucci, il gerarca principale, Agostino Celli, Francesco Franci, Giovanni Morresi, Antonio Pellegrini, Santi Angelini, Adalgiso Puccioni, Genoveffo Mancini, Giovan Battista Forti, Uble Manini, Egidio Scerpena, Galliano Bartolini e Domenico Boni.

In riferimento all’attentato al vescovo diocesano, effettivamente, nella notte del 17 aprile 1920, ignoti collocarono sul campanile della chiesa un ordigno che poi esplose. Il giorno dopo era previsto l’arrivo del vescovo per le cresime. Si veda “Il Risveglio”, 25 aprile 1920, Manciano, Una bomba nel campanile. Del gesto furono accusati i socialisti mancianesi che risposero energicamente, rigettando le accuse agli avversari politici.

[4] “Il Risveglio”, 12 dicembre 1920, San Quirico di Sorano.

[5] Non era la prima volta che un amministratore subiva violenze a Sorano. Il 19 giugno 1911 il sindaco dimissionario Oreste Villavecchia, che aveva come avversari i membri di alcune potenti famiglie di proprietari terrieri, venne aggredito, atterrato e brutalmente malmenato in fondo alle scale del palazzo comunale, senza che ci fossero testimoni. L’autore della violenza fu un pregiudicato ventitreenne, Ghiri Finiguerra, esecutore, secondo Villavecchia, “di coloro che disgraziatamente possono imporsi ad altri colleghi da essi dipendenti ed a loro economicamente soggetti o da altra servitù vincolati, trascinandoli ai loro voleri e ai loro non confessabili fini”.

[6]Archivio di Stato di Grosseto, Processo verbale d’udienza del 17 agosto del 1921, testimonianza di Livia Franci, proprietaria dell’osteria. Pampanini negli anni Trenta cercò di accoltellare la guardia comunale fascista Luigi Sanità, fratello del parroco Don Ugo, che si salvò perché la lama si conficcò nel libretto delle contravvenzioni che Sanità teneva nella tasca della giacca. Testimonianza di Bruno Dominici, classe 1924.

[7] Il “Risveglio”, 9 gennaio 1921, n. 2.

[8] ACS, Pubblica Sicurezza 1921, appello del sindaco Scossa del 5 gennaio 1921.

[9] Il “Risveglio”, 30 gennaio 1921.

[10] ACS, Pubblica Sicurezza 1921, telegramma di Butelli a Scossa del 9 gennaio 1921.

[11] Il “Risveglio”, 20 marzo 1921, n. 11.

[12] Il “Risveglio”, 8 maggio 1921, n. 18.

[13] ACS, Amministrazione, categoria 1, 1921, anonimo contro Luigi Scossa.

[14] ACS, Amministrazione, categoria 1, manifesto del fascio di Sorano del 20 ottobre 1921.

[15] Aldi Mai s’iscrisse al fascio  nel 1924. Era sposato con Maddalena Ciacci, di origine pitiglianese, appartenuta a una delle principali famiglie di proprietari terrieri del luogo. Il pomeriggio del 26 luglio 1921 Gino Aldi Mai aveva preso parte alle esequie di Ivo Saletti, fascista morto in occasione della sanguinosa spedizione su Roccastrada che aveva provocato dieci morti, pronunciando un discorso di fronte a varie rappresentanze dei fasci toscani e a migliaia di cittadini. Si veda Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, D.G.P.S. 1921, busta 99, telegramma del prefetto Rocco del 26 luglio 1921.

[16] L’“Ombrone”, 23 ottobre 1921.

[17] Per questo episodio si veda Archivio Centrale dello Stato, D.G.P.S. 1921, b. 98, telegramma del prefetto Boragno del 3 giugno 1921.

[18] Al fascio di Pitigliano erano iscritti, nel 1921, Oliviero Baccelli, Giuseppe Barone, Candido Campiglia, Bernardo Negroni, Salvatore Romani, Lamberto Rossi, Michele Rossi, Giovanni Santocchini, Pasquale Sovani; nel 1922 s’iscrissero Giuseppe Barone, Catana Costantino e Francesco Serpetti; Guido Corsi, Mattia Martino Giacomini e Giuseppe Gorini, nonostante si fossero iscritti nel 1933, furono compresi, come gli altri, tra i fondatori del fascio di Pitigliano nel 1921. Diversi elementi, provenienti da altre località, alcuni probabilmente al seguito di Romboli, furono il nocciolo duro dello squadrismo della “Piccola Gerusalemme”, visto che Pitigliano non poteva essere espugnata dall’azione dei fascisti locali, risultata, fino ad allora, inefficace. Quelli forestieri, al seguito di Romboli, furono: Vittorio Pantosti di Livorno, Antonio Pavolini di Pistoia, Mario Testa di Firenze, Gino Belli di Arezzo, Massimino Mammarella di Toro proveniente da Roma, Mario Sorani, ebreo fiorentino, Leandro Canfori dalla provincia di Viterbo e altri del grossetano.

[19] Per l’aggressione ai soci della cooperativa pitiglianese “Produzione e Lavoro”, compiuta tra il 23 e il 25 ottobre dai fascisti favoriti dai reali carabinieri e per le irruzioni e minacce ai principali esponenti socialisti di Pitigliano Gervasi e Dinelli, si veda Archivio Centrale dello Stato, D.G.P.S. 1921, b. 99, telegramma riservato del 1° novembre 1921 del Capo gabinetto Savini al prefetto di Grosseto. Si veda anche G. Betti-F. Dominici, Il partigiano Pietro Casciani. Storia del Reparto Lupi di Pitigliano”, Le Strade Bianche di Stampa Alternativa, Gli Sconfinati, 2022, pp. 4-14.

[20] Gli squadristi di Sorano erano 13 e 10 quelli di S. Quirico. Giuseppe Veronesi, della squadra di S. Quirico, partecipò all’azione punitiva a Elmo di Sorano contro Ippolito Predellini, che fu malmenato.

[21] “Il Risveglio” del 29 maggio 1921 riporta la seguente notizia relativa a Castell’Azzara: “Sabato14 maggio giunsero in paese due camion di carabinieri e fanteria con a capo i marescialli di Sorano e Pitigliano al canto di “Giovinezza” e al grido di “evviva il fascismo che è la nostra libertà”.

[22] F. Dominici, Cent’anni di Storia. Sorano 1860-1960, Stampa Alternativa, Roma 2001, pp. 101-111.

[23] Testimonianza di Paolo Sebastiani classe 1954, nipote di Agostino. Si veda anche ACS, CLN Sorano, f. Fumasoli, Bartolini, Santini.

 

[24] Sentenza della Corte di Appello di Firenze – Sez. Accusa n. 84 Reg. Gen. n. 215 del 22 maggio 1922.

[25] Camera dei Deputati, Atti parlamentari, Legislatura XXVI – 1° sessione- Discussioni – Tornata del 9 maggio 1922.

[26] F. Dominici, Il Nuovo Corriere del Tufo, rubrica “Pillole di Storia”, In memoria di Orfeo Cinelli, socialista soranese ucciso dai fascisti, pubblicato il 30 aprile 2019.

[27] Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale, busta n. 3718, anni 1930-1935, Papalini Alfiero. Nel foglio matricolare risultava encomiato al momento del congedo nel 1923, con la dichiarazione “di aver tenuto buona condotta e di aver servito con fedeltà ed onore” come militare del Genio trasmettitore.

[28] ACS, CLN, “Affari Politici” 1944-1946, denuncia di Giovan Battista Nucci. Gli squadristi di San Quirico, ricordati da Nucci in un elenco, erano: Costantino Catana, Giuseppe Veronesi, Piero Veronesi, Ceccarini Quirico (RR.CC), Galiano Lazzerini, Domenico Pampanini, Egidio Scerpena, Geraldo Gubernari, Giuseppe Minori, Guerriero Lazzerini, Guglielmo Gallinella, Giovanni Rossi e alcuni di Porto Ercole e Orbetello. Comandava la MVSN Emidio Franci.

[29] Franco Dominici, Cent’anni di storia, cit., pag. 110.

[30] ACS, CLN, 1944-1946, “Affari politici”, lettere del CLN di Acquapendente (VT) al CLN di Sorano del 22 giugno e del 9 luglio 1945 firmate da Clito Onesti e lettera del Partito comunista sezione di Sorano al CLN di Sorano del 30 ottobre del 1945. Testimonianza di Antonio Benocci, classe 1932.

[31] L’“Ombrone”, 4 giugno 1922.

[32] Archivio di Stato di Grosseto, Questura, b. 458, f. Crispino Lombardi.

[33] Le violenze fasciste in territorio soranese continuarono anche dopo il 1922: nell’aprile del 1924 Giuseppe Benicchi di Sovana denunciò al CLN di essere stato percosso “a sangue”, in quanto antifascista, da una squadra comandata da Alfredo Busatti; nel 1927 subirono vessazioni e violenze Giuseppe Gubernari e Giuseppe Corfidi, accusati ingiustamente di aver oltraggiato con del fango la lapide dei caduti fascisti collocata nella piazza della fonte di Sorano, quando in realtà il fatto era stato commesso da un fascista per avere il pretesto di accusare i due estranei al fatto; nel 1936/37 Giuseppe Boggi di Case Rocchi, di idee contrarie al fascismo, fu fermato a Sorano da alcuni energumeni, bendato, condotto in un locale e costretto a bere olio di ricino misto a benzina, oltre a essere malmenato.