I libri Effigi su Manciano, Pitigliano, Sorano.

La Liberazione di Sorano

Nel Comune di Sorano, dove da gennaio a marzo del 1944 aveva operato il gruppo partigiano di Montebuono e subito dopo quello di Mario Salera, il passaggio del fronte avvenne fra il 10 e il 15 giugno 1944 e fu preceduto da intensi cannoneggiamenti degli alleati che causarono numerosi morti fra la popolazione civile e la distruzione di varie abitazioni a S. Giovanni delle Contee e a S. Quirico. In quest’ultima località furono danneggiate 140 case, la canonica e la chiesa[1]. La battaglia decisiva per la Liberazione del territorio comunale avvenne intorno a La Rotta e S. Quirico il 13 giugno fra il 40° Reggimento Jaeger della Luftwaffe, che aveva una forza di circa 500 uomini, e il 4° Reggimento tunisino. Verso le ore 16 avvenne l’attacco decisivo: i tedeschi mantennero La Rotta ma S. Quirico, dopo un violento combattimento, fu conquistato dai tunisini. A circa un km da S. Quirico, in località Valle Bisogna, mentre gli alleati transitavano verso il paese con i mezzi corazzati, un gruppo di tedeschi appostati in alcune cantine uccise un sottotenente francese di 23 anni. Si trattò di un gesto dettato dalla rabbia e dalla disperazione per la sconfitta, perché i germanici dovettero arrendersi immediatamente e furono tutti catturati nel momento in cui i francesi puntarono i cannoni dei carri armati nella loro direzione[2].

Nel frattempo il Comando di armata tedesco ordinava al 40° Jaeger della Luftwaffe un contrassalto che però falliva vicino alla fattoria di Montignano. In prossimità di S. Quirico i tedeschi registrarono nei diari di guerra la presenza di partigiani che combattevano contro di loro. Due episodi sono rimasti impressi nella memoria collettiva sanquirichese di quei giorni di guerra: il furto di un fucile a un soldato tedesco da parte di Agostino Ceccherini (classe 1918), al quale i tedeschi spararono invano mentre si dileguava lungo il fosso di S. Quirico in direzione dell’insediamento rupestre di Vitozza, e l’interruzione delle comunicazioni per opera di Giovanbattista Nucci, che con un colpo di roncola tagliò i fili del telefono.

Ma i partigiani di cui parlano i tedeschi nei loro diari appartenevano al gruppo di Onano. Infatti a Montignano, in località Orticaria, il 9 giugno morì combattendo coraggiosamente il partigiano di Onano Rolando Mochi di 28 anni, dopo aver ucciso alcuni tedeschi. Venne sepolto nel cimitero di S. Quirico, nella stessa tomba in cui, il 23 marzo 1944 era stato tumulato il partigiano Ugolino Lombardi. La salma di Rolando Mochi fu poi esumata per essere trasportata al cimitero di Onano[3]. A lui è dedicata una piazza in quel comune.

Intanto il Comando di armata tedesco autorizzò il ripiegamento su di una nuova linea, tra Montorio e Monte Elmo, ma a causa dei ponti distrutti alle spalle dagli aerei alleati, il 40° Jaeger Regiment perse quasi tutti i veicoli e tutti i mezzi di radiocomunicazione e la ritirata verso Onano avvenne con grande difficoltà.

Da S. Quirico gli alleati raggiunsero facilmente la frazione del Cerreto, in direzione di Sorano capoluogo, accompagnati da Giustacori Vincenzo, classe 1873, che aveva una certa padronanza della lingua inglese perché era emigrato varie volte negli Stati Uniti per motivi di lavoro. Giustacori non aveva abbandonato la propria abitazione per rifugiarsi nelle campagne o nel vicino insediamento rupestre di Vitozza e a una certa ora di quel 13 giugno 1944 decise di incamminarsi verso la Rotta. Giunse in località Valle Bisogna poco dopo l’uccisione dell’ufficiale francese, parlò in inglese con gli americani e si rese disponibile per accompagnarli. All’età di 70 anni fu messo a sedere sul cofano della Jeep e raggiunse il Cerreto, fra lo stupore e l’incredulità dei suoi parenti che si trovavano là sfollati[4].

Masso Leoplodino Sorano

Anche i partigiani di Salera erano entrati in azione: avevano ricevuto mitragliatrici e munizioni a seguito dell’incontro avvenuto il 2 giugno ai Pianetti di Sovana con Pietro Casciani e il tenente dei carabinieri di Pitigliano Luigi Brigida[5]. Da Radio Bari il generale Alexander esortava i combattenti alla macchia ad attaccare senza tregua le formazioni germaniche in ripiegamento dal Lazio alla Toscana. In prossimità di Sorano i tedeschi annotarono nei loro diari un’imboscata a un veicolo trasporto munizioni del 361° Reggimento della 90° panzergrenadier, nella notte fra l’11 e il 12 giugno. Fu in conseguenza di quest’attacco che i germanici, costretti a ripiegare dall’avanzata degli alleati e per timore delle imboscate partigiane, catturarono una ventina di ostaggi la mattina del 12 giugno nella piazza e nel centro storico di Sorano, costringendoli a passare la notte nel municipio. Furono fermati: Funghi Attilio, Martinelli Fernando, Zelindo Sanità, Savelli Domenico, Scossa Alfideo, Petri Alberto, Giacomini Mario, Lodovici Vincenzo, Angelini Orlando, Pichini Vincenzo, Baldelli Felice, Savelli Aurelio, Funghi Agostino, Savelli Antonio, Pichini Domenico, Antonio Bassi, il podestà Celli Agostino e 2 aderenti al fascio locale, Mancini Genoveffo e Forti Giovanbattista. Evidentemente i tedeschi non facevano più distinzioni fra gli italiani e le loro intenzioni non erano certo delle migliori: la mattina dopo gli ostaggi furono portati nella piazza principale della Fortezza Orsini dove li attendeva una mitragliatrice pronta per l’esecuzione. L’intervento della suora superiore dell’asilo di Sorano Giulia Ignesti, che s’inginocchiò davanti al plotone di esecuzione gridando “fucilate me, questi sono tutti padri di famiglia innocenti” e della signorina Paola Ricci Busatti, appartenuta alla principale famiglia di proprietari terrieri di Sorano, che intervenne parlando in tedesco, impedì il massacro[6]. Dopo la guerra, il Comitato di Liberazione comunale di Sorano, presieduto dal socialista Giovan Battista Rossi, rilasciò una dichiarazione in favore di Antonio Bassi, nato il 30 novembre 1916 a Rocca S. Casciano (Forlì), presente nel comune della Maremma collinare durante il periodo bellico perché sfollato. Rossi rilevò la buona condotta politica di Antonio Bassi, che non favorì né collaborò con i tedeschi e i fascisti, mentre “ci risulta che egli, il giorno 13.6.1944, in seguito ad una azione operata da partigiani del luogo i quali incendiavano un automezzo tedesco, venne preso in ostaggio dai tedeschi, attribuendogli la colpa dell’incendio detto. Il Bassi venne liberato dall’ostaggio di cui sopra per intervento della Madre Superiora dell’Asilo, la quale fece opera di persuasione ai tedeschi della sua innocenza”. Il 29 agosto 1944 il CLN comunale compilò un certificato in carta libera per uso scolastico in favore di suor Giulia Ignesti fu Raffaele, nata a S. Piero a Sieve (Firenze) il 23 settembre 1895, domiciliata e residente a Sorano dal 26 ottobre 1937, perché insegnante elementare. Il CLN soranese rilevò che la religiosa non aveva mai ricoperto cariche politiche durante il ventennio, né aveva aderito al risorto fascismo repubblicano e “che pertanto la sua passata e presente condotta politica è stata ed è ottima[7]”.

Gli ostaggi furono dunque liberati la mattina del 13 mentre le scarse retroguardie della 90° Divisione panzergrenadier, ormai ridotta alla forza di 2 Battaglioni, cominciarono a ritirarsi da Sorano facendo saltare vari ponti e le cantine usate come deposito di munizioni. Lo stesso giorno i partigiani attaccarono i tedeschi in ritirata uccidendone 2 in località Piandirena e la mattina del 14 alle ore 8 Salera e il suo gruppo entrarono in Sorano prima dell’arrivo degli alleati. Alcuni partigiani, fra cui Aldo Angelini, ricevettero l’ordine di andare incontro alle truppe alleate che, non fidandosi, li fecero accomodare sul cofano della Jeep che precedeva il convoglio militare. Così, nel caso ci fosse stata un’imboscata, i primi a rischiare la vita sarebbero stati loro.

Il capoluogo comunale fu raggiunto nel pomeriggio del 14 giugno dal Gruppo de Linarès della 3° Divisione Algero-Tunisina, composto dal 3° Reggimento fucilieri algerini sostenuto da un distaccamento blindato del 3° RSAR-Spahis algerini, da una squadra di Tank Destroyers (cacciacarri) e da una compagnia di carri armati tipo Sherman americani del 755° Battaglione USA. Giunti a Sorano gli alleati videro sventolare dalla fortezza Orsini una bandiera inglese, cucita per l’occasione da Maria Signori, moglie di Ugo Agostini[8]. Il comandante della colonna francese si congratulò con i partigiani dichiarando che era il primo paese, da quando Roma era stata liberata, che trovava occupato dai combattenti alla macchia[9]. Nella notte del 14 giugno gli alleati respinsero un ultimo contrattacco tedesco. Al momento dell’occupazione il comandante Salera emanò un proclama per il rispetto dell’ordine e della proprietà. Otto partigiani di Sorano avevano perso la vita nella guerra di Liberazione, ma l’elenco era destinato ad aumentare, perché la sorte avversa volle che il giovane Aldo Angelini perisse in un incidente automobilistico avvenuto in località Stellata, nel Comune di Manciano, mentre “nella sua qualità di partigiano, in possesso del relativo brevetto, si recava, con camion del Governo Militare Alleato, condotto dagli stessi militari alleati, ad arruolarsi volontario nella gloriosa V Armata Americana[10]”. I partigiani uccisi dai nazifascisti furono: Ugolino Lombardi, di San Quirico, capogruppo del Reparto Lamone, morto in combattimento il 2 marzo; i 5 fucilati dai tedeschi a Manciano il 14 marzo, catturati per delazione nella montagna di Elmo, cioè Marsilio Gavini, Alvaro Vasconi, Felice Grillo, Africo Balocchi e Francesco Sorrentino; il sergente maggiore messicano Antonio Marta, partigiano di Montebuono, assassinato nell’aprile dalla Guardia nazionale repubblicana; Calvino Gagliardi di Castell’Azzara, freddato anch’egli, in una vile imboscata, dalla guardia fascista di Pitigliano. Infine ricordiamo Ezio Lombardi, partigiano del Movimento Comunisti d’Italia “Bandiera Rossa, massacrato alle Fosse Ardeatine. Era nato a San Quirico nel 1903.

Le vittime civili della guerra

Durante i giorni del passaggio del fronte i tedeschi uccisero alcuni civili: Adamo Crisanti, Rolando Lombardi, Felice Tavani, Francesco Zecchini, Severino Orienti ed Elio Pizzinelli.

Adamo Crisanti, soranese di 19 anni, di professione elettricista, venne freddato in prossimità del Parco della Rimembranza il 13 giugno alle ore 12.30. Era sfollato in zona Le Croci ed era rientrato a Sorano per controllare la situazione e fare rifornimenti. I tedeschi lo fermarono e gli chiesero i documenti e quando videro che era nato nel 1924 lo uccisero subito.

Rolando Lombardi, sanquirichese di 36 anni, invalido, venne assassinato il 12 giugno alle ore 8 in via delle Povere, mentre rientrava in paese dalla propria vigna. Fu sepolto cinque giorni dopo la morte “perché non era possibile prima la rimozione impedita dai tedeschi”[11]. Santi Cirilli, netturbino di S. Quirico, e Alberto Giustacuori, cugino del Lombardi, cercarono di dare sepoltura alla salma del pover’uomo, ma furono immediatamente catturati dai tedeschi e rimasero prigionieri dalle 10 del mattino alle 16. Probabilmente sarebbero stati fucilati, ma li salvò un ufficiale tedesco in ritirata il quale in precedenza era stato a S. Quirico e conosceva bene Cirilli[12].

Felice Tavani di Montignano (in prossimità di S. Quirico), grande invalido della prima guerra mondiale e sindaco del comune nel 1923, fu ucciso l’11 giugno[13]. Aveva 46 anni. Fu sepolto nella cappella di famiglia a Montignano. Durante la prima guerra mondiale era stato ferito e catturato dai tedeschi che gli avevano salvato la vita amputandogli una gamba.

Francesco Zecchini di 46 anni, fu colpito a morte in prossimità dell’antica Pieve di S. Maria dell’Aquila, in località Bagni di Filetta, parrocchia del Cerreto, mentre si recava a prendere l’acqua in una fonte prossima alla sua abitazione. Morì all’Ospedale Operaio di Sorano il 14 giugno. Così racconta l’evento Gino Agostini, classe 1930 : “Noi della zona Montesorano, la Sugherella e dintorni eravamo rintanati alle grotte del Pifferi il giorno 13 giugno, l’indomani sarebbe avvenuta la liberazione di Sorano. Dovemmo andare a prendere i rifornimenti per tutti, circa cinquanta persone e ci dividemmo in tre squadre: una con Vittorio Rossi del Tiberi andò a Montesorano a prendere farina e altre cose da mangiare, un’altra a prendere un vitello in una stalla, infine la terza che era composta da me, Marietta e Mariona (che erano due sorelle che abitavano a Montesorano) e un’altra persona sempre donna che non ricordo. Partimmo per il Piscino fontanella che si trova fra le Grotte e il Bagno di Filetta ed essendo io quello più svelto e agile mi incaricai di salire alla fontanella che si trovava in un posto un po’ più in alto. La posizione era però pericolosa perché quei due-tre metri mi mettevano in esposizione; mentre cominciavo a riempire le stagne (secchi di lamiera zincata dei pastori) e gli orcioli sentii a cento, centocinquanta metri delle voci tedesche, mi volsi con lo sguardo da quella parte e vidi un carro armato tedesco da cui erano scesi due soldati che stavano fermando Francesco Zecchini che aveva in spalla una barletta (un recipiente) che si dirigeva verso la nostra stessa fonte; a quel punto mi buttai giù di colpo per paura che mi vedessero, tanto che nella foga ruppi un orciolo. Scappammo quasi atterriti verso le nostre Grotte, non avevamo fatto due passi che sentimmo una scarica di mitra, ma noi non pensammo ad altro che a salvarci. Solo a liberazione avvenuta venimmo a sapere che l’avevano ammazzato ed è naturale che io collegai tutto a quel momento che ho ancora impresso nella memoria[14].

Severino Orienti di 20 anni, agricoltore, ucciso il 12 giugno alle ore 8.30 in località Fonte del Ricciano presso S. Giovanni delle Contee, mentre si recava a prendere l’acqua. Sembra che l’Orienti si sia avvicinato a un camion tedesco fermo a poca distanza dalla fonte e per questo fu immediatamente freddato dai germanici[15]. Recentemente sono emerse testimonianze che lasciano supporre l’assassinio di Orienti per mano fascista. Una piccola lapide così ricorda la sua vita spezzata:“Passeggeri una preghiera innalzate per Orienti Severino nel fiore della giovinezza cadeva mitragliato vittima innocente della guerra lasciando nella famiglia e in chi lo conobbe inconsolabile rimpianto”.

Elio Pizzinelli di 51 anni, nativo di Castell’Ottieri dove abitava la madre, venne ucciso il 13 giugno in Via Cupa ad Acquapendente dove risiedeva[16].

Il 14 giugno avvenne il massacro della Niccioleta e di Castelnuovo Val di Cecina, compiuto dalle SS italo-tedesche che trucidarono 83 minatori, fra i quali Norberto Bellumori, classe 1894, Bernardino Boni, classe 1912 e Giovanni Guidarelli, nato nel 1922, tutti originari del Comune di Sorano[17].

Numerosi furono i morti a causa dei bombardamenti alleati durante il passaggio del fronte: oltre al drammatico episodio dei fratelli Goracci uccisi a La Rotta nel maggio, il fatto più grave avvenne il 14 giugno alle ore 15 in prossimità di S. Giovanni delle Contee, a Grotte delle Riparelle, dove una granata uccise 10 civili. Sempre nella frazione di S. Giovanni delle Contee, a causa dell’esplosione di un ordigno di guerra, perse la vita Ivano Bellumori. A S. Quirico, in una grotta dove stava rifugiato, fu colpito da una scheggia di granata Roberto Dominici, di anni 64, che morì il 13 giugno. Venne sepolto nove giorni dopo poiché “ a S. Quirico infuriava la battaglia che durò 58 ore dal 13 al 16 giugno che danneggiò nove decimi delle abitazioni, compresa la Chiesa Parrocchiale[18]. Il 15 giugno rimase vittima dei bombardamenti Sigismondo Lombardelli di Monte Vitozzo. Di Sorano capoluogo morì Raffaello Mario Comastri alla stazione di Orvieto e Bixio Borsetti, un commerciante di 50 anni, perse la vita a seguito del bombardamento alleato alla stazione di Chiusi (SI) il 21 novembre del 1943. Il corpo del pover’uomo finì sotto una cisterna di olio sventrata dalle bombe e fu ritrovato soltanto il 20 marzo 1944[19].

Numerosi furono anche i feriti, invalidi e mutilati civili di guerra. Il 29 maggio 1944 fu ammessa per urgenza all’Ospedale Operaio di Sorano Giuliana Landini, nata e residente a Roma, sfollata a Sorano, colpita da mitragliamento aereo[20]. Per schegge di granata riportarono ferite Giuseppe Giulietti di S. Quirico, Esia Rossini di 8 anni e Nello Rossini di 14 anni di S. Giovanni delle Contee, Alduina Biscontri di 53 anni di Montevitozzo, Michele Papini di 70 anni di S. Quirico, Santina Felici di 26 anni, di S. Quirico; per esplosione di ordigno di guerra Ilio Doganieri di 10 anni di S. Quirico, Ilio Mazzieri di 17 anni di Montebuono, Alviero Meneguali di 16 anni di Castell’Ottieri, Stefano Mori di 14 anni di S.Valentino, Gian Carlo Lombardi di 7 anni di S. Quirico. Quest’ultimo stava giocando nel fosso che attraversa il paese, in prossimità della piazza principale, con Danilo Serafinelli di 9 anni che, in conseguenza dell’esplosione della bomba, perse la vita il 21 luglio 1944 all’ospedale di Pitigliano[21]. Il 9 marzo 1945 fu ucciso dall’esplosione di un proiettile da 20 mm trovato nelle campagne del Casone di Pitigliano, di competenza della parrocchia di S.Quirico, Fernando Del Bono, di 13 anni[22]. Gli incidenti mortali avvennero prevalentemente nella zona fra il Casone di Pitigliano e S. Quirico di Sorano, cioè nelle località dove era avvenuto lo scontro fra i reparti tedeschi e gli alleati. Non mancarono episodi analoghi nel capoluogo, come le ferite riportate da Lena Alessandro, nato a Roma ma residente a Sorano perché sfollato, causate dallo scoppio di una bomba il 10 febbraio 1945[23]. Nonostante l’intenso lavoro di bonifica del territorio comunale dagli ordigni bellici inesplosi, operato dalla ditta Vannucci di Firenze e deliberato dal sindaco di Sorano Pietro Muzzi[24], il 7 giugno 1947 Ernaldo Papini di 16 anni di S. Quirico morì dilaniato da una bomba in località Valle Bisogna, mentre riuscì a salvarsi, malgrado qualche ferita, Sergio Dominici, cugino di Papini[25].

La strage di Grotte delle Riparelle

Il 14 giugno 1944 alle ore 15, secondo i documenti archivistici, intorno alle 12.30 in base alle testimonianze, in prossimità di S. Giovanni delle Contee, a Grotte delle Riparelle, una granata dell’esercito alleato uccise 10 persone e ne ferì altre. Persero la vita: Ester Rappuoli di 65 anni, Ermete Mangiavacchi di 11 anni, Luisa Tramontana in Rossini di 41 anni, Alcide Rossini di 45 anni, Giuseppa Rossini di 18 anni, Alvaro Rossini di 14 anni, Elvio Rossini di 9 anni, Rutilio Giulianelli di 18 anni, Demesia Batani di 56 anni e Anna Maria Laurini di un anno[26]. Fu senza dubbio la peggiore strage di civili avvenuta nel territorio di Sorano durante la guerra di Liberazione. Demesia Batani e Anna Maria Laurini, la nonna con la nipotina, erano sfollate da S. Lorenzo Nuovo, un comune in Provincia di Viterbo. Fu falcidiata la famiglia di Alcide Rossini, con la moglie e 3 figli. Costoro abitavano a Cornedoro, un podere sulla strada in direzione di Proceno, verso il confine con la Provincia di Viterbo. Ritenendo il fabbricato poco sicuro, l’avevano abbandonato per timore dei bombardamenti ed erano sfollati al podere Le Riparelle, in prossimità del quale si trovavano varie grotte. Erano giorni terribili per il Comune di Sorano, giorni di guerra, perchè stava passando il fronte, ma tutto sarebbe finito 24 ore dopo, il 15 giugno, quando ormai gli alleati incalzavano i nemici presso Castell’Azzara, in territorio amiatino.

La mattina del 14 giugno al podere Le Riparelle c’erano i tedeschi con un carro armato. Siccome gli alleati lo avevano individuato mediante un aereo da ricognizione, un soldato germanico avvisò gli sfollati di allontanarsi e di rifugiarsi altrove. Poi i tedeschi se ne andarono, mentre i Rossini e gli altri scelsero di ripararsi nelle grotte, come d’altronde facevano un po’ tutti nei territori di Sorano e Pitigliano. La caverna individuata come nascondiglio era divisa in 2 parti, entrambe occupate dai civili. Improvvisamente piovvero le cannonate, secondo alcuni da Montignano, o forse dalla parte di Castell’Ottieri. La prima granata colpì il punto preciso dove in precedenza si trovava il cingolato tedesco, la seconda un angolo del podere, la terza proprio sopra la grotta, distante una decina di metri, la quarta fu micidiale: centrò il rifugio, provocando la morte dei 10 civili. L’ordigno colpì la parte sinistra della caverna, dove si salvò solamente Felicetta Rossini, di 8 anni, mentre nella parte destra ci furono vari feriti. Gli alleati giunsero poco dopo a soccorrere i superstiti di quella strage, come Nello ed Esia Rossini, di 12 e 6 anni[27], immediatamente ricoverati presso l’ospedale di Viterbo. I morti furono subito sepolti in una specie di fossa comune, nel luogo dove i Bologna, una nota famiglia di proprietari terrieri, edificarono successivamente una cappellina per ricordare le vittime di quell’agghiacciante episodio[28]. In seguito le salme furono esumate e translate presso il cimitero di S. Giovanni delle Contee, dove riposano.

Nel volume a cura di Ugo Jona, Le rappresaglie nazifasciste sulle popolazioni toscane, edito da Anfimm, Firenze 1992, alle pagine 73-74, è scritto che questa strage fu compiuta da un reparto nazista, che sparò con un mortaio e centrò una casa con una granata, ma le indagini archivistiche e le testimonianze ci hanno condotto in tutt’altra direzione.

I militari tedeschi e alleati morti durante il passaggio del fronte

Nel registro degli Atti di morte di S.Quirico il parroco Don Ugo Sanità annotava, in data 20 giugno 1944, che nei comuni di Sorano e Pitigliano sono stati sepolti 17 cadaveri di soldati rinvenuti dal sottoscritto nella zona della battaglia svoltasi nella zona della Rotta e Casone dal 9 al 16 giugno del 1944 fra tedeschi e anglo-americani. Una parte (la maggiore) dei morti erano di religione cattolica e quelli ebbero le preghiere di rito nella sepoltura, gli altri il trattamento della carità cristiana. Dieci di questi sono stati sepolti nel cimitero di S.Quirico, a destra dell’ingresso nel 1° quadro[29]”. Gli altri 7 furono sepolti a Pitigliano. Le generalità dei 10 soldati compaiono in un elenco redatto dalla guardia comunale Sinibaldo Dominici, in data 9 maggio 1947: si tratta di 7 tedeschi e 3 magrebini. Di questi ultimi 3, al seguito dei francesi e sepolti dalle truppe alleate, non si conosce il nome, ma solamente il luogo della primitiva sepoltura: S. Quirico paese, in fondo alla via 23 Marzo il primo; località Povicione nella proprietà di Niccola Dominici il secondo; l’ultimo presso il podere Prati di proprietà della famiglia Ricci-Busatti. Il primo magrebino fu fucilato dallo stesso Comando francese per aver abusato di una suora in visita a un’altra religiosa nativa della frazione soranese[30]. Nell’ottobre del 1954 le salme di questi 3 ignoti magrebini, furono translate nel cimitero militare francese di Roma. Cadde vittima delle truppe di colore il sanquirichese Fiorindo Stendardi, classe 1906, nel podere dove abitava con la famiglia nel Comune di Pitigliano, il 13 giugno del 1944[31].

I 7 tedeschi sepolti a S. Quirico, tutti caduti in combattimento tra il 12 e il 13 giugno, erano: Uffz. Knefel Ogefr.F.Willingsdorfr ucciso a Montignano, Oblt Pilotto ucciso a Montignano, Obgffr. Kofstabter che fu freddato a Fonte Orticara, Gefr. P. Quinug Geb 25.6.923 ucciso a Montignano, Gasse Viafl 512 O 6 Flieger R.G.T. 23 morto presso la Valle del Casone, Gefr H. Merhle ucciso a Montignano e infine un soldato tedesco di cui non fu possibile conoscere il nome, morto al podere S.Nicola.

Altri 6 tedeschi erano stati uccisi al passaggio del fronte: Uffz Meimbre, ucciso in località Poggio Caino, sepolto poi nel cimitero di S.Giovanni delle Contee; Hier Puth Wocchrmeister Hobert Rohlanden, nato nel 1914, morto il 12 giugno 1944 in Montorio e sepolto a Castell’Ottieri; Ig: W. Schinitter, nato nel 1925, morto il 12 giugno 1944 presso il Poder nuovo di Castell’Ottieri e sepolto nel cimitero della frazione; in località Piandirena il 13 giugno i partigiani avevano ucciso C. Herk Kncì Ferman classe 1908 e C. Gefre Ernest Schneider classe 1921, entrambi sepolti nel cimitero di S. Valentino; infine Geff: Mortens, classe 1906, morto e sepolto a Montevitozzo[32].

Il 25 ottobre 1949 il sindaco di Sorano Michelino Sarti inviò una lettera al Commissariato Onoranze Caduti Ricerche dispersi di Roma con un elenco di 8 libretti personali tedeschi e di altre nazionalità relativi ai seguenti soldati caduti nella giurisdizione del comune: Ernest Margle, Gunter Pagel, Heinrich Kammermsier, Hoffmam Richard, Hermann Wendt, Hans Schokle, Otto Borchert e Franz Aschenbranner[33].

Anche 2 soldati italiani che combattevano a fianco delle truppe germaniche caddero in combattimento in località La Fornace, Prati, frazione del Cerreto, il 13 giugno 1944, a 3 chilometri da Sorano. Si trattava di paracadutisti in forza al 2° Battaglione Nembo della Folgore: il maresciallo Ubaldo Fanti, classe 1918 di Verona, e Nereo Rebecchi, nato a Lugagnano Val d’Arda (Piacenza) l’8 maggio 1923.  Quest’ultimo, come si evince dai documenti archivistici, fu sepolto nel cimitero di Sorano capoluogo. Alla famiglia fu riferito che era morto nel corso di un bombardamento e mitragliamento aereo da parte dell’aviazione alleata[34]. Per il coraggio dimostrato nel corso dei combattimenti sostenuti dai paracadutisti davanti a Roma, era stato proposto per la croce di ferro tedesca. Forse anche il maresciallo Fanti fu sepolto in Sorano, ma ciò non appare dai documenti dell’archivio. Non si può escludere che il suo corpo sia andato disperso o che sia stato portato via dai tedeschi in ritirata. Questi 2 soldati, dopo la morte del loro comandante, il maggiore Rizzati, avvenuta nei pressi di Roma, si erano aggregati alla 4^ Divisione dei paracadutisti tedeschi e avevano continuato a combattere gli alleati.

Le salme di 2 militari dell’esercito alleato, sepolti rispettivamente al podere “Cerrina” di proprietà della famiglia Bologna di S. Giovanni delle Contee e presso la tenuta di Riservo di proprietà della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, vennero esumate e trasportate altrove da militari alleati incaricati di tale compito[35].

Militari soranesi morti in guerra, dispersi e catturati dopo l’8 settembre

In guerra persero la vita 47 militari del Comune di Sorano e 15 furono i dispersi[36]. Perirono a causa del conflitto: Alberto Corfidi, Domenico Cerretani, Eliso Rossi, Modesto Tramontana, Vittorio Franci, Lino Benicchi, Obino Cesaretti, Amato Stefanelli, Germano Rossi, Ilario Scerpena, Giuseppe Muzzi, Giovanni Fioretti, Francesco Berni, Gino Mozzetti, Antonio Cirilli, Italo Tramontana, Demetrio Camici, Emidio Caprini, Emilio Radiconi, Dante Melosini, Ilvo Scopetoni, Delidio Finocchi, Egidio Martinelli, Eduilio Domenichini, Adorno Nardini (appartenuto alla fanteria marmarica, deceduto prigioniero in India), Santi Giani, Amerigo Ciccioni (appartenuto al V Reggimento bersaglieri, deceduto nell’Ospedale Militare in Tunisia il 15 giugno 1943), Eliseo Ricci (deceduto nell’ospedale di Orano il 26 dicembre 1943, Tunisia), Gino Cherubini (appartenuto al II Battaglione genio, deceduto il 27 dicembre 1943 in campo di prigionia alleato a Bona- A.S.F-, cimitero europeo-quadro riservato ai militari), Lino Lucchesi, Irno Biondi ( deceduto in prigionia in Germania), Gino Bizzi (deceduto in prigionia in Germania), Giovanni Carletti (deceduto in prigionia in Germania), Adolfo Nucciarelli, Giuseppe Felici, Alvaro Bellumori, Gualtiero Biondi (deceduto a Belgrado prigioniero dei tedeschi), Luigi Curti, Piero Bigi (appartenuto al 125° Reggimento fanteria, deceduto il 19 maggio 1945 per causa imprecisata e sepolto nel cimitero militare del Cairo), Gino Monelli, Alberto Lusini, Fortunato Orienti, Settimio Torrini, Armando Agnelli, Sem Dominici (deceduto prigioniero in Germania), Bernardino Rossi, classe 1922, appartenuto al 3° Cp del 3° Battaglione speciale granatieri, scomparso per affondamento del piroscafo in cui si trovava il 19 aprile 1943 e dichiarato morto soltanto nel 1955[37]. Durante il conflitto, per le operazioni di trasporto delle truppe, venivano spesso utilizzate vecchie navi riadattate al servizio militare; in questo caso era stato utilizzato il piroscafo Francesco Crispi (stazza 7600 tonnellate), probabilmente una nave postale risalente alla fine degli anni 20 del Novecento. Attorno alle ore 14.30 del 19 aprile 1943 il Crispi, che trasportava oltre 1.300 uomini, fu intercettato e colpito con 3 siluri dal sommergibile inglese H.M.S. Saracen vicino Punta Nera (Isola d’Elba). Il piroscafo, pesantemente danneggiato, affondò in soli 16 minuti, causando la morte di oltre 900 uomini, tra cui 534 granatieri.

Infine morì in Russia il 17 gennaio 1943 Adolfo Ricci, un carabiniere nato a Badia Tedalda il 13 dicembre 1905. Aveva prestato servizio a Sorano dove si era coniugato.

I dispersi in Balcania furono: Domenico Borsetti, Solideo Mangiavacchi, Oreste Bellumori, Alarico Berti, Leonildo Conti; quelli in Russia furono: Giuseppe Corfidi, Domenico Grillo, Fernando Piccini, Alderino Benedetti, Mimmo Massai, Misaele Morettoni, Giuseppe Tiberi. I carabinieri Gino Doganieri e Silvio Felici, risultano dispersi rispettivamente a Gabrivizza il 17 febbraio 1944 il primo e in Germania, dove era internato, il 18 giugno 1944 l’altro[38].

Dopo lo sbando dell’esercito successivo all’8 settembre, i tedeschi catturarono numerosi militari soranesi, poi internati nei campi di concentramento in Germania e costretti per anni al lavoro coatto per il III Reich. Non se ne conosce il numero esatto, ma abbiamo un quadro abbastanza preciso sui deportati, quasi tutti della frazione di San Quirico, catturati dopo l’8 settembre su vari fronti. Nei campi di concentramento tedeschi furono imprigionati i fanti: Oreste Pacchiarotti (cl. 1910), Alberto Rossi (cl. 1914), Angelino Berti (cl. 1922), Lorenzo Taviani (cl. 1922), Piero Ronca (cl. 1921), Gaspero Dominici (cl. 1915), Piero Monachini (cl. 1914), Piero Monaci (cl. 1911), gli artiglieri Armando Papini (cl. 1910), Giuseppe Franci (cl. 1917), Giovanni Felici di Montorio (cl. 1924), Antonio Dominici (cl. 1918). Quest’ultimo fu catturato ai confini con la Francia e riuscì a saltare dal treno e a raggiungere la propria famiglia nel mese di ottobre, scampando così alla prigionia. Poi finirono in Germania i carabinieri Domenico Goracci (cl. 1903) e Anelio Dominici (cl. 1922), il bersagliere Giovanni Lombardi (cl. 1920), la guardia di frontiera Italo De Paolis (cl. 1921), Giovanni Labardi (cl. 1914) del Genio Militare e infine Gino Dominici (cl. 1924) e Mario Berna (cl. 1922) entrambi arruolati in Cavalleria. In Africa furono arrestati dagli inglesi i seguenti volontari: Benedetto Dominici (cl. 1914), Letidio Lombardi (cl. 1911), Rinaldo Dominici (cl. 1914), Monaci Marino (cl. 1910), Torquato Dominici (cl. 1912) e Vittorio Franci (cl. 1908), che morì in Africa. Sempre in Africa furono catturati dagli inglesi gli artiglieri Giuseppe Dominici (cl. 1911) e Ottavio Bartoccini (cl. 1914). Giuseppe Uccelletti (cl. 1905) fu preso dagli americani in Sicilia e scontò la prigionia in America, mentre Guerriero Lombardi (cl. 1915) ed Elvezio Rossi (cl. 1921), entrambi appartenuti alla Cavalleria, si trovavano in Italia meridionale dopo l’8 settembre e risalirono la penisola collaborando con gli alleati alla Liberazione[39].

Due storie di militari catturati dopo l’8 settembre sono a nostro avviso significative: quella di Giacomo Pacchiarotti (classe 1911) e l’altra di Carlo Benocci (classe 1922).

Giacomo Pacchiarotti di S. Quirico era stato catturato dai tedeschi nei Balcani e visse il periodo di prigionia in Germania come “non collaboratore”, cioè non firmò la disponibilità a collaborare con il Reich e fu uno dei tanti italiani che fecero questa scelta coraggiosa durante gli anni della prigionia[40].

Carlo Benocci era nato a Sorano nel 1922, primogenito di Nello, vecchio antifascista iscritto al Partito comunista d’Italia sin dal 1921. Carlo era stato richiamato alle armi a guerra iniziata e dopo l’armistizio si trovava a Torino, dove i tedeschi lo catturarono. Fu portato nel campo di concentramento di Buchenwald, in Germania, dove visse in contatto con migliaia di persone di nazionalità diversa. Attraverso il rapporto quotidiano con “quella gente, che pur stando fra la morte e la vita aveva il coraggio di resistere e di tenere alta la testa, apprese ad amare e ad apprezzare gli uomini e ad avere fiducia in loro[41]. Tornato in Italia nel settembre del 1945, s’iscrisse al P.C.I. e lavorò a Grosseto nella Federazione del partito dove svolse per diverso tempo il corrispondente per l’”Unità”. Morì prematuramente nel capoluogo maremmano nel 1950. La drammatica esperienza in Germania è testimoniata in alcune poesie della sua raccolta “E l’uomo può parlare”, pubblicata a Grosseto nel 1948.

Riportiamo una sua significativa poesia:

 

RICHARD NON RITORNA

Richard non torna

Un’ora che aspettiamo

gli occhi nel fiume

grosso di pioggia e morti di stasera

Richard ha cercato la morte

Richard in piedi mentre si dormiva

con la testa piegata nel soffitto

parlava di casa

Con un valzer di Strauss i mitraglieri

l’hanno lasciato freddo sulla riva

 

 

NOTE

[1] Parrocchia di S. Quirico, Diario di Don Ugo Sanità.

[2] Testimonianza di Bruno Dominici (1924-2013). Dominici giunse poco dopo sul luogo dove era stato compiuto l’agguato, insieme al proprio zio Pietro Serafinelli e a Don Pietro Franci, che somministrò l’estrema unzione al tenente colpito a morte.

[3] Parrocchia di S.Quirico, Atti di morte, n. 7 e n. 21; AISGREC, Fondo ANPI, B. II, 3, pratica 78.

[4] Testimonianza di Franco Giustacori, classe 1932.

[5] Relazione della Banda Arancio Montauto, cit., pp. 98 e 103. Il tenente Luigi Brigida era nato il 27 ottobre 1914 a Manfredonia (FG). Gli autori ringraziano L’Ufficio Storico dell’Arma dei CC di Roma per la notizia concernente i dati biografici del tenente Luigi Brigida.

[6] Testimonianza di Michele Savelli, classe 1926. Fra gli ostaggi era presente suo padre Domenico. In una lettera del partigiano Ugo Agostini all’A.C.C. di Grosseto, datata 6 dicembre 1944, si fa riferimento alla cattura dei 25 ostaggi da parte dei tedeschi. Un’altra lettera del 30 giugno 1944, scritta da Antonio Bassi, un giovane nascosto a Sorano come sfollato e renitente alla leva, fa riferimento all’accaduto. Antonio Bassi era uno degli ostaggi e scrisse che quando avvenne il fatto, il Celli si trovava sfollato in una grotta e “si presentò al Comando Tedesco, ed assieme alla suora superiora, dopo un giorno di lotta, riuscì a farci mettere in libertà”.

[7] Si veda F. Dominici, “Un intervento miracoloso” in  Il Nuovo Corriere del Tufo, Anno II, numero 3, marzo 2014. A.CM.S., CLN 1944-1946, Affari politici, dichiarazione del CLN di Sorano in favore di suor Giulia Ignesti.

 

[8] Testimonianza di Gino Agostini, classe 1930.

[9] Le notizie sul passaggio del fronte in territorio soranese provengono dai Diari di guerra del XIV° Panzerkorps germanico, che faceva parte della 14° armata e da un articolo di giornale pubblicato da Walter Dann, reduce tedesco della 20^ Divisione da campo della Luftwaffe. L’episodio della pattuglia partigiana che si congiunse agli alleati mi è stato raccontato da Gino Agostini, cl. 1930, figlio di Ugo e da Michelino Sarti, cl. 1919. Inoltre notizie dettagliate sulle truppe alleate fra Lazio e Toscana si trovano nel volume di C. Biscarini, 1944: i francesi e la liberazione di Siena, cit., pp. 30-34. Per difendere il territorio a ovest del lago di Bolsena fino alla strada statale 74 presso Sorano e Pitigliano, i tedeschi impiegarono reparti da combattimento chiamati Kampfgruppe, cioè uomini decisi a tutto, prevalentemente guastatori con l’obiettivo di distruggere i ponti, minare il territorio ed ostacolare il più possibile l’avanzata alleata, in vista della creazione di un nuovo fronte a nord della Toscana, sugli Appennini, cioè la linea Gotica. Con la conquista di Onano, S.Quirico, San Leonardo, Sorano, il C.E.F. aveva raggiunto il primo dei cinque obiettivi prefissati, cioè l’attraversamento della strada statale 74.

[10] A.CM.S., Guerra 1940-1945, Caduti, dispersi, civili uccisi. Aldo Angelini, di Nazzareno e Girolama Beri, era nato a Pratolungo di Sorano il 3 settembre 1925.

[11] Parrocchia di S.Quirico, Registro dei morti, anno 1944, n. 17. La madre del Lombardi, Truffarelli Antonia, in una lettera indirizzata alla Presidenza del consiglio dei ministri- Ufficio Patrioti, datata 1/12/1944, evidenziava che il figlio era stato ucciso perché “scambiato per partigiano e perché non volle gridare viva la Germania”.

[12] Testimonianza di Bruno Dominici (1924-2013).

[13] Nel Registro dei morti del Comune di Sorano la data della morte di Tavani è il 14 giugno, mentre nel Registro dei morti della Parrocchia di S. Quirico risulta l’11 giugno.

[14] Testimonianza di Gino Agostini, classe 1930 . Conserviamo questa testimonianza scritta da Gino Agostini da Donoratico nel maggio del 2005.

[15] Testimonianza di Bruno Dominici (1924-2013).

[16] A.CM.S., Registro dei morti, anno 1944.

[17] C. Groppi, La piccola banda di Ariano. Storie di guerra e di resistenza, cit., pp. 81 e 83.

[18] Parrocchia di S.Quirico, Registro dei morti, anno 1944, pag. 332 n. 8.

[19] G. Betti, Chiusi 1943-1946, Nuova Immagine Editrice, Siena 1996, pag. 28.

[20] Ospedale Operaio di Sorano, Estratto del certificato medico del dott. Cappelletti Pellegrino. Ordinanza di Ricovero firmata dal podestà Agostino Celli il 29 maggio 1944, indirizzata all’Opera Nazionale invalidi di guerra di Grosseto il 23 febbraio del 1946.

[21] Parrocchia di S. Quirico, Registro dei morti, anno 1944, n. 25.

[22] Parrocchia di S. Quirico, Registro dei morti, anno 1945, n. 4.

[23] Ospedale Operaio di Sorano, Estratto del certificato medico del dottor Cappelletti Pellegrino ed Estratto di Ordinanza di ricovero del sindaco Luigi Scossa del 10 febbraio 1945 indirizzati all’Opera nazionale invalidi di guerra di Grosseto il 13 luglio 1946.

[24] A.CM.S., Pubblica Sicurezza 1947, Polveri, Materiali Esplodenti, Armi, Macchine, Incendi.

[25] Testimonianza di Valerio Papini, classe 1934, fratello di Ernaldo Papini. Testimonianza di Italia Moretti (1940-2014).

[26] A.CM.S., Guerra 1940-1945, Civili morti per bombardamento. L’elenco, firmato dal sindaco Pietro Muzzi, è datato 5 giugno 1946.

[27] A.CM.S., Elenco dei mutilati civili di guerra trasmesso dal sindaco di Sorano Michelino Sarti all’Associazione Nazionale vittime civili di guerra di Grosseto il 10 giugno 1950.

[28] Le testimonianze sulla strage sono state raccolte da Giuseppe Pinzi di S. Giovanni delle Contee, classe 1967. Sono state intervistate varie persone, fra cui Felicetta Rossini, scampata alla tragedia, Attilio Ottaviani e Franco Pinzi.

[29] Parrocchia di San Quirico, Registro dei morti, anno 1944, pag. 334 n.22.

[30] In quei giorni di passaggio del fronte si verificarono varie violenze e abusi sessuali.

[31] Parrocchia di San Quirico, Registro dei morti, cit., pag 333 n. 20. Il parroco Don Ugo Sanità annotava che lo Stendardi era stato ucciso dai tedeschi l’11 giugno. Ma vi furono testimoni oculari, in particolare Elvezio Pinzi di S.Quirico, che avevano visto aggirarsi intorno al podere “Riempille” (il nome di una fonte vicina all’abitazione di Stendardi) soldati magrebini già da qualche giorno prima dell’omicidio. Ciò è stato confermato anche dai parenti della vittima. Dai documenti archivistici di Pitigliano risulta ucciso da colpi di cassa di fucile vibrati da alcuni marocchini.

[32] A.CM.S., Guerra 1940-1945, Relazione delle guardie comunali sulle operazioni di raccolta e sistemazione delle salme sparse dei caduti in guerra tedeschi e alleati.

[33] A.CM.S., Guerra 1940-1945, lettera al Commissariato Onoranze Caduti Ricerche dispersi di Roma del sindaco di Sorano Michelino Sarti del 25 ottobre 1949.

[34] L’ultima lettera alla famiglia di Rebecchi è inserita nel libro Lettere dei caduti della RSI, (a cura dell’Associazione Naz.famiglie caduti e dispersi della RSI), B. & C., Cassino 1975, pag. 114, ristampato con il titolo: La Repubblica Sociale Italiana nelle lettere dei suoi caduti,  L’ultima crociata, Roma 1995, pag. 240.

[35] A.CM.S., Guerra 1940-1945, Elenco dei militari britannici e alleati caduti per la lotta di Liberazione, 24 ottobre 1946. Nell’elenco compare anche il sergente maggiore Antonio Marta, ucciso il 4 aprile dai fascisti nella montagna di Montebuono.

[36] In una lettera inviata dal sindaco Michelino Sarti al Comitato provinciale partigiani di Grosseto il 15 maggio 1950, si fa riferimento a 47 militari caduti nella seconda guerra mondiale e a 17 dispersi.

[37] A.CM.S., Guerra 1940-1945, elenco dei soldati del Comune di Sorano morti in guerra. Nell’elenco compare anche Giovanni Carotti, che sarebbe dunque il 47° militare deceduto, solamente non risulta presente nel primo censimento anagrafico realizzato in età fascista, precisamente nel 1928. Non risulta nemmeno nella lapide dei caduti delle guerre mondiali collocata presso il Parco della Rimembranza, ma in realtà in quella pietra commemorativa mancano i nomi di altri soldati.

[38] A.CM.S., Guerra 1940-1945, Dispersi, Caduti, Civili uccisi.

[39] Testimonianza di Bruno Dominici, (1924-2013).

[40] Idem.

[41] AISGREC, Fondo Resistenza in Maremma, V, 5, 3 E, Carlo Benocci. Testimonianza scritta da Ermanno Benocci il 25 giugno 1955 sul fratello Carlo. Testimonianza di Antonio Benocci, classe 1932.