I libri Effigi su Manciano, Pitigliano, Sorano.

Il Re della Griglia

“Higest new entry and Best steak restaurant in Italy”

Con questa frase lo scorso mese di marzo il ristorante “I due Cippi” di Saturnia veniva consacrato ed inserito nella prestigiosa classifica della World’s 101 Best Steak Restaurants. Più precisamente il ristorante è stato valutato come il migliore in Italia e il numero sette al mondo per quanto riguarda le steakhouse. Un riconoscimento a dir poco importante per i fratelli Aniello, proprietari del locale e per tutto il territorio che può vantare questa particolare eccellenza.

Ma cosa c’è dietro a questo riconoscimento e a quest’attività classica a gestione familiare? Abbiamo incontrato Lorenzo Aniello, il più giovane dei due fratelli che ci ha raccontato tutto su I Due Cippi, da quando veniva chiamato “Da Michele”, alle specializzazioni nel mondo del meat, tutti i segreti e la storia dietro un successo che ha superato e di molto i confini della Maremma.

copertina I DUE CIPPI (100)

Da dove cominciamo?
Dall’inizio, da mio padre. Lui era originario della Campania, della provincia di Caserta. Stava facendo delle esperienze nella ristorazione a Roma, anche a livelli importanti ed è in quel periodo che conobbe mamma, saturnina doc.
Un giorno passeggiando per Saturnia notarono questo fondo sfitto in piazza e hanno deciso di prenderlo.
Inizialmente il locale era una tavola calda, buffet a pranzo, bar/ristoro diciamo. Stiamo parlando degli anni 70 e del classico locale che potevi trovare a quell’epoca in queste zone. Però mio padre forte anche dell’esperienza fatta nella capitale dove la ristorazione era già di un altro livello aveva altro in mente e cercò subito un’impostazione più curata sia nella cucina che nell’accoglienza.
In seguito i miei genitori presero un altro fondo, una ex stalla del castello dei Marchesi Ciacci ed è qui che è iniziata la vera attività ristorativa. Come detto l’idea era quella di portare in Maremma una ristorazione diversa, ok la tradizione ma con uno sguardo più professionale, più curato. Da li in poi l’attività si è evoluta con la nostra famiglia, prima è entrati mio fratello che ha portato la sua esperienza specie nel mondo del vino, poi io concentrandosi più sulla griglia, abbiamo sempre più abbandonato la tradizione per distinguersi.
Ricordo che mio padre ci raccontava che quando arrivò a Saturnia gli dicevano che aveva i lacci delle scarpe fatti con la ginestre, come per dire che non aveva soldi…oggi il locale stesso è una tradizione dopo 50 anni fi attività.

Quando è arrivata questa specializzazione nello steak restaurant?
Steak restaurant non mi piace molto perché rischia di sminuire poi tutte le altre cose che facciamo: antipasti, dolci, paste, panificazione, tutto fatto in casa.
In realtà il camino c’è sempre stato, mio padre è sempre stato alla griglia e ci ha trasmesso questa passione. Se prendiamo già il locale degli anni ottanta trovavamo come dicitura “esposizione di varie razze cotte al camino” quindi è una cosa che c’è sempre stata, una passione di famiglia diciamo.
Già all’epoca faceva frollatura, una cosa all’avanguardia, senza le tecnologie di oggi si arrivava comunque a 25/30 giorni di frollatura. Naturalmente non si esponevano le carni perché l’ossidazione era un po’ un tabù all’epoca, quindi c’era una cella frigo separata e le carni venivano portate direttamente in cucina.
Insomma, il locale si è evoluto con ì tempi in maniera naturale, poi con il mio arrivo avendo passione e attitudine per questo tipo di cotture alla griglia e per la lavorazione della carne è diventato il nostro marchio di fabbrica.

Ci sono dei segreti nella vostra carne?
C’è una parola d’ordine che è “attenzione”, non ci sono grandi segreti. C’è tanta attenzione, dalla scelta, quando si lavora, nella maturazione. Io sono quasi un maniaco in tutto questo, controllo costante e personalmente tutte le carni che abbiamo. Il segreto, ammesso che ce ne sia uno è sicuramente la cottura. Ho sviluppato dei metodi di cottura che vanno ad esaltare quello che è il prodotto finale.

I DUE CIPPI (99)

Di che metodi parli?
Più che metodi di cottura in se c’è uno studio. Io studio molto le razze e le frollature, che hanno tempi di cottura diversi, e li sta la maestria di chi griglia di capire quali e come. Abbiamo notato che tra una razza e un altra c’è anche un grado di differenza al minuto nella progressione della temperatura. Le cotture vengono fatte in maniera lenta e progressiva, ci vuole più di un ora per cuocere una bistecca. Ho un mio metodo di cottura, che ho sviluppato negli anni e chiamo multi rest, che mi permette di uscire con cotture molto omogenee su tutti i tipi di carne. Ovviamente è tutto affidato alla mano e all’occhio del meat master.
Al di la di queste particolarità ciò che mi preme dire è che noi, come concetto, non vendiamo i giorni di frollatura ma la carne giusta, mangiata nel momento giusto e cotta nel modo giusto.
Oggi possiamo dire di avere le migliori razze ma soprattutto i migliori allevamenti europei e internazionali (siamo anche diventati official della carne KOBE) sempre cotte alla perfezione.

Questo format ha funzionato fin da subito?
Anche questo si è evoluto col tempo. Che ha funzionato è sicuramente l’esaltare la griglia che in passato veniva associata alla ristorazione di massa. Noi l’abbiamo portata all’interno di una cucina di alto profilo dandogli il giusto risalto e la giusta attenzione e rispetto.
La carne poi va da se che è un alimento prezioso vista la sua filiera dispendiosa e il grande impegno che c’è dietro. Quindi era giusto valorizzarla.

Come lo vedi oggi il mondo della ristorazione nelle nostre zone?
Diciamo che la ristorazione nella nostra zona, rispetto al passato, non si è evoluta in maniera omogenea. Ci sono alcune eccellenze comunque, sia tradizionali che innovative e anche tanti buoni produttori di materie prime. Io da quando sono entrato ho portato tante innovazioni, tante idee che sembravano non poter funzionare in Maremma, invece sono stati sfatati molti tabù. Ad oggi la gente viene e cerca dei prodotti che fino a 10/15 anni fa, trovarli in Maremma era impensabile.
Ci vuole un po’ di coraggio, abbinata alla professionalità e alla tenacia nell’inseguire le proprie idee, che ovviamente devono essere valide. A volte non ci accorgiamo che abbiamo un turismo variegato e che ricerca spesso la qualità perché siamo ancora ossessionati dalla quantità e sembra essere quella l’unica cosa importante.
La cosa che mi fa pensare un po’ è che semrpe meno giovani continuano e investono in questi tipi di attività ricettive, manca un ricambio generazionale, e su questo che in qualche modo bisogna intervenire poiché di questo dobbiamo vivere in certe zone, se vengono a mancare nuove idee, nuove forze, non avremo un futuro roseo.

I DUE CIPPI (96)

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