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L’eterna attesa di poter ammirare gli affreschi della Tomba Francois

“Quando l’ultimo colpo di piccone atterrò la pietra che chiudeva l’entrata della cripta, la luce delle torce rischiarò le volte di una funebre dimora, il cui silenzio da più di venti secoli nessuno aveva turbato. Ogni cosa laggiù si trovava nello stesso stato in cui era stata disposta il giorno nel quale era stata chiusa l’entrata. L’antica Etruria vi si rivelava in tutto il suo splendore. Un’intera civiltà sorgeva, quasi fantastica visione, da un sepolcreto. C’era da restare abbagliati. La stessa Pompei non aveva offerto uno spettacolo così imponente. Coricati sulle loro bare i vecchi guerrieri etruschi colle loro armi indosso, sembravano riposarsi dalle fatiche di una battaglia allora guadagnata sopra i Romani o i Galli. Forme, vestiti, stoffe, colori, furono per alcuni minuti visibili; poscia a misura che l’aria della campagna penetrava nella cripta, tutto sparve”.
(Alessandro Francois, Vulci 1857)

affresco tomba Francois In questi giorni si è tornato a parlare dell’eterna diatriba sulla possibilità di rendere pubblica l’immensa collezione di opere antiche dei Torlonia. In effetti l’accordo tra i principi e il ministero dei beni culturali è stato raggiunto, perciò i comuni mortali potranno finalmente ammirare migliaia di opere etrusco romane di maestosa bellezza. Tuttavia questa meraviglia resta ancora incompleta, dal momento che dalla concessione restano fuori i pezzi più belli di tutta la collezione, ovvero gli affreschi della tomba Francois e i 200 vasi etruschi provenienti dagli scavi nelle necropoli di Vulci. Le perle assolute della collezione dei principi banchieri restano dunque negli scantinati di villa Albani in via della Lungara a Trastevere, sotto uno strato di lino come unica protezione dall’incuria del tempo. Visitare la collezione Torlonia è un privilegio riservato a pochi patrizi amici del principe, tanto che da come si racconta solo per riuscire a dare una rapida occhiata a tanta meraviglia dell’arte greco-romana, il celebre archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli nel 1947 dovette travestirsi da spazzino. A complicare la situazione dal 1990 ci ha pensato la faida interna tra cugini, ovvero tra i Torlonia e i fratelli Cesarini Sforza. Questi ultimi rivendicano diritti sugli affreschi della Tomba Francois, i quali hanno un valore ultra milionario, quasi inestimabile. In prima e seconda istanza la legge aveva dato ragione ai Cesarini Sforza, per poi ribaltare la sentenza in cassazione nel 2015, quando il diritto di possesso è tornato ai Torlonia. Qualche tempo addietro si era parlato della possibilità (a quanto pare senza fondamento) che degli investitori americani intendessero formulare un’offerta per acquistare gli affreschi provenienti dalla necropoli di ponte rotto. Anche se i dipinti sarebbero rimasti in Italia, in quanto vincolati, questi oscuri investitori ne avrebbero disposto nella maniera loro più conveniente. Comunque, dinanzi a questo contenzioso tra rampolli i comuni plebei non possono che stare a guardare (a distanza), mentre gli affreschi continuano a riposare al buio sotto polvere e silenzio. I dipinti murali della tomba Francois sono qualcosa di stupefacente, non solo per l’elevato livello artistico o per la grazia delle forme e del movimento, rappresentano altresì molte rivelazioni sulla storia del popolo etrusco, anche in relazione con il mondo ellenico, e una informazione importante nella storia di Roma: l’epopea di Mastarna, alias Servo Tullio, sesto re di Roma. Ci sono riferimenti che onorano la tragedia greca, in particolare il ciclo dell’Iliade, come ad esempio la scena in cui Achille sacrifica i prigionieri troiani onorandoli al cugino Patroclo, in occasione della sua celebrazione funebre. Mentre sulla parete di fondo vi è ritratta una scena importante per la storia etrusca, ovvero Celio Vibenna liberato da Mastarna; Larth Ulthes che uccide Laris Papathans Velznach (proveniente da Volsinii); mentre Rasce uccide Pesna Arcmsnas Sveamach (di Sovana). collezione torloniaLa tomba Francois, composta da un profondo dromos e da sette camere raccolte attorno a un atrio, in un ipogeo scavato nella roccia clastica racconta le gesta del fondatore della tomba Vel Saties e della famiglia dei Vibenna. Le scene sugli affreschi riportano le cronache della metà del VI secolo a.C. Rappresentano un momento di forti contrasti tra la città di Vulci e Roma, perdurati fino alla fine della metropoli mediterranea, nel 280 a.C. Ma gli affreschi della tomba Francois riportano anche molte informazioni più profonde e sottili della cronaca etrusco romana, infatti un particolare mostra il semidio Tages emergere da una zolla di terra per donare la conoscenza al popolo etrusco, una testimonianza di immenso valore. Anche gli oltre duecento vasi provenienti dalle necropoli vulcenti sono carichi di informazioni importanti, tanto che i pochi fortunati che sono riusciti a studiarli sostengono che essi permetterebbero di riscrivere i libri di storia. Purtroppo anche questi gioielli continueranno ancora per chissà quanto tempo a rimanere celati alla Lungara, lontani dalla vista di studiosi e appassionati. Ma i Torlonia, i principi banchieri, che grazie ad investimenti finanziari e prestiti insoluti da altre famiglie nobili hanno accresciuto sempre più la propria collezione di opere antiche, fino a renderla forse la più importante al mondo. Dopo aver acquistato le terre di Musignano Vulci e Riminino, nel comune di Canino dal principe Luciano Bonaparte si sono dedicati non solo al trafugamento di opere di valore inestimabile, ma hanno altresì provveduto all’occultamento sistematico di opere d’arte, come ad esempio alcuni mosaici termali. Soprattutto però hanno da sempre negato l’accesso alla città che dopo la caduta di Vulci era sorta sopra uno dei monti di Canino, da molti identificata in Maternum, aperta al pubblico solo in rare occasioni. Staremo a vedere quale sarà il destino dei dipinti della tomba Francois, certo è che se lo stato italiano non risulta capace di entrare in possesso di simili opere quando vi è stata una sentenza della cassazione che ne avrebbe permesso l’acquisizione è ovvio che la perdita di fiducia verso le istituzioni finirà per divenire sempre più insanabile.

Luca Federici

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