I libri Effigi su Manciano, Pitigliano, Sorano.

“La gelosia fa brutti scherzi”, il racconto di Gaia Stefanelli

Nell’ultimo numero del Corriere abbiamo pubblicato un contenuto nuovo rispetto al solito. Lo abbiamo fatto con grande entusiasmo perché dare spazio a voci giovani, che si mettono alla prova con la scrittura, è per noi motivo di orgoglio e speranza. Siamo inoltre lusingati dalla scelta degli insegnanti che come premio hanno scelto la pubblicazione su un mezzo di comunicazione locale. Questo è il modo per fare rete e per rendere esplicite le esperienze più belle che si svolgono in questa terra. Lasciamo dunque spazio alle parole di Gaia, augurandole di scrivere ancora e che il suo percorso scolastico sia ancora contrassegnato da successi. E auguriamo a tutti gli alunni che si sono cimentati nella scrittura dei racconti di realizzare tutti i loro sogni.

Presentazione del lavoro
Nasce un po’ per gioco l’idea di un premio nelle classi seconde della scuola secondaria di primo grado di Manciano. Premio per il miglior racconto giallo! Durante una lezione, leggendo alcuni racconti sul genere giallo come previsto dal programma di italiano, visto l’interesse degli studenti, la prof. Barbara Salani ed il prof. di italiano Emilio Russo, propongono ai ragazzi di scrivere un loro racconto, nel quale dovranno emergere creatività, fantasia ed ovviamente seguire le regole di costruzione e le caratteristiche del racconto giallo. Gli studenti hanno accolto la proposta con entusiasmo, soprattutto dopo aver saputo in che cosa consisteva il premio finale, ovvero la pubblicazione del racconto su di un giornale locale. Dopo un’attenta lettura di tutti gli elaborati realizzati, è stato individuato quello di Gaia Stefanelli, studentessa della 2B, come quello che meglio corrispondeva alle indicazioni date. Da sottolineare la disponibilità e la partecipazione da parte dei docenti che hanno collaborato a questa” idea” soprattutto della professoressa Agnese Tonti, del Fiduciario di plesso Giacomo Prestifilippo, ma soprattutto della Dirigente, dottoressa Anna Maria Carbone, sempre pronta ad accogliere le iniziative proposte dai docenti volte a valorizzare il talento e le capacità degli studenti del comprensivo P.Aldi di Manciano-Capalbio.

pencil-918449_960_720La gelosia fa brutti scherzi

Cagliari 2018

Era una giornata qualunque, quando l’allenatore di una squadra di rugby andò al campo per una riunione. Appena arrivò trovò un suo allievo sdraiato a terra con del sangue che gli usciva dalla testa, era privo di sensi. L’allenatore in preda al panico chiamò le ambulanze e i carabinieri. L’ambulanza non fece in tempo ad arrivare che il ragazzo era già morto. I carabinieri scoprirono che aveva un taglio alla testa, quindi ipotizzarono che qualcuno lo avesse colpito. Il capitano dei carabinieri ordinò di controllare tutte le telecamere nei pressi del campo sportivo. In quel momento i carabinieri non potevano fare altro, ma mentre tornavano in macchina il capitano vide un coltello sporco di sangue, si avvicinarono e lo presero con dei guanti per non rimuovere le impronte del colpevole. Appena arrivati in caserma arrivarono le registrazioni delle telecamere. Fortunatamente una telecamera all’interno dello spogliatoio riprese il ragazzo in compagnia di una ragazza, ma per colpa di un blackout le registrazioni si interruppero quindi non riuscirono a capire cosa stavano facendo. Nel frattempo avevano identificato la ragazza che era presente sulla scena del delitto. La convocarono immediatamente e lei raccontò l’accaduto: quella notte Gabriele le aveva inviato un messaggio perché voleva incontrarla al campo. Giulia era confusa, continuava a chiedersi perché il ragazzo più bello e popolare della scuola voleva incontrare proprio lei una ragazza sfigata e odiata da tutti. Appena entrata nello spogliatoio Gabriele le disse di spogliarsi e con un pennarello indelebile nero iniziò a scrivere su tutto il suo corpo cose orribili.Lei disse di non essere colpevole, ma durante l’interrogatorio sua madre sembrava particolarmente agitata, continuava a sfregarsi le mani e continuava a chiedere perché pensavano fosse stata proprio sua figlia ad uccidere Gabriele. Il capitano capì che non era stata Giulia ma non avendo altre prove dovette metterla in stato di fermo. Qualche giorno dopo arrivarono le impronte sull’arma del delitto. Le impronte corrispondevano ad un certo Ugo Rossi nato nel 1968 a Cagliari, ed il cognome corrispondeva a quello di Giulia, indagarono per un po’ e alla fine scoprirono che era suo padre. Lo convocarono subito in caserma ma lui non voleva aprire bocca fino a quando, mentre stava andando via, confessò tutto. La sera del delitto Giulia uscì di nascosto dalla finestra ma sua madre la vide e la seguì. Quando Giulia arrivò al campo sua madre si nascose dentro lo
spogliatoio senza farsi vedere. Sua madre era sconvolta, non poteva credere ai suoi occhi. Quando i due iniziarono a litigare, lei con gli occhi pieni di lacrime si incamminò verso casa e raccontò tutto a suo marito Ugo, il quale, furioso, andò a discutere con i genitori di Gabriele, il padre del ragazzo ad un certo punto cominciò ad alzare la voce e dopo tanti insulti iniziò ad alzare le mani, in quel momento Ugo non ci vide più, salì in macchina, prese un coltello da caccia che aveva con sé e arrivò al campo. Si incamminò verso gli spogliatoi ma i due non c’erano più. Preoccupato per sua figlia, iniziò a correre per cercarla, inciampò su un sasso e si tagliò. Impaurito buttò via il coltello sporco di sangue e tornò a casa da sua moglie.
Nel frattempo arrivarono altre informazioni sul caso. Giulia aveva dimenticato il cellulare sulla scena del crimine. I carabinieri controllarono i tabulati telefonici e scoprirono che lei aveva chiamato ben sei volte un certo Daniele.  Contattarono immediatamente questo numero e lo convocarono in caserma per interrogarlo. Lui confessò di aver ricevuto sei chiamate da Giulia e confessò anche che in quel periodo avevano una relazione.
Ad un certo punto Daniele scoppiò a piangere e confessò di essere lui il colpevole. I carabinieri volevano comunque avere delle informazioni da dare alla famiglia della vittima.
Daniele continuò l’interrogatorio e disse ciò che gli aveva detto Giulia nelle sei chiamate.
Durante le chiamate lui cercava di tranquillizzarla mentre si incamminava verso il campo sportivo.
Appena arrivato vide Gabriele fare del male alla sua ragazza, non pensò alle conseguenze e iniziò a picchiarlo. Giulia li calmò e scappò via di corsa piangendo, appena girò l’angolo Daniele prese un sasso e glielo tirò con tutta la forza. Gabriele cadde a terra e Daniele iniziò a tremare e a piangere, non sapeva cosa fare. All’inizio voleva chiedere aiuto a qualcuno ma poi pensò che era troppo rischioso. Allora corse verso casa, era distrutto.
Dopo undici anni Daniele poté finalmente uscire dal carcere, ma nonostante fosse passato così tanto tempo, non riusciva a staccare la mente da quell’orribile serata.
Dopo qualche settimana Daniele trovò il coraggio di uscire di casa e decise di andare a fare una passeggiata con alcuni suoi amici.
Appena arrivati in piazza Daniele si allontanò, senza farsi vedere andò vicino al ponte di San Michele, scavalcò la ringhiera, guardò il cielo e disse: “Giulia questo è per te, non ce la faccio più a vivere così” e prima di gettarsi nel vuoto si mise una mano sul cuore e gridò: “mi mancheresti anche se non ci fossimo mai conosciuti”.

Gaia Stefanelli

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