I libri Effigi su Manciano, Pitigliano, Sorano.

E all’improvviso un Rave Party…

Doveva essere l’estate della convivenza col Covid, del ritorno ad una certa normalità (nonostante anche la stagione 2020 non avesse mostrato particolari complessità), del Green Pass…nelle Terre del Tufo è stata soprattutto l’estate del Rave Party.
A cavallo di Ferragosto un evento di portata internazionale ha scaldato gli animi delle nostre zone, non tanto per quanto poi realmente accaduto, ma a livello di risonanza e opinione pubblica il Rave Party del Lago di Mezzano (territorio di Valentano in provincia di Viterbo) ha fatto parlare di se ben oltre il nostro territorio, coinvolgendo esponenti politici di ogni livello e lasciandoci alcune riflessioni che superano ciò che è stato l’evento in se.
Qui non vogliamo ripercorrere nei fatti quei giorni particolari, cercare colpe a livello legale o meno, ma soltanto esaminare a mente fredda quanto accaduto e quali considerazioni ci ha lasciato quest’evento.
Partiamo dai fatti, oggettivi per quanto il confine dell’oggettività in certi argomenti è sempre abbastanza labile. Il rave era illegale e su questo c’è poco da discutere. Era illegale la sua organizzazione sia per il periodo storico che stiamo vivendo (Covid, assembramenti, Green Pass ecc…) sia per il fatto che quest’evento si è svolto senza alcun permesso di nessuna autorità, su un suolo privato a deturparne l’ambiente. Proprio per questo i rave vengono definiti abusivi (non tutti) e qui l’elemento Covid poco centra.

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Esaminando questi fattori vien da se che paragonarlo ad eventi locali, anche di grossa portata (Settembre di Vino, Festa della Birra, sagre varie) ha poco senso, anzi non ne ha proprio (non ha caso questi eventi sono fermi da due anni o sono stati comunque rivisti e adattati alla legge attuale).
Altrettanto vero è che quest’evento ha creato alcuni disagi alla popolazione e alle amministrazioni locali, anche qui un po’ per questioni oggettive (migliaia di partecipanti provenienti da tutta Europa concentrati in piccoli paesi nel cuore dell’estate) un po’ per la natura di molti di questi partecipanti (non vogliamo certo esaminare cosa succede dentro un rave, legalità e illegalità, estrazioni sociali ecc…ma come si sul dire “Chi sa’ sa’”). A tutto ciò va aggiunta un po’ si sana rabbia scaturita anche da quasi due anni di Covid, regole, cambi di abitudini e il disagio è fatto.
Noi non ci interessiamo di rave (infatti ci dicono che in realtà fosse un free party e non un rave), poco ne conosciamo la natura e la cultura che c’è dietro (perché di che se ne dica c’è) ma tralasciando gli aspetti innegabili descritti sopra un altro aspetto ci interessa ancor di più e ci ha fatto riflettere quest’estate ed è quello umano della reazione generale, il cercare un nemico a tutti i costi per poi attaccarlo in maniera pesante in un clima di mattanza generale.
“Ostinazione a giudicare” come ha detto qualcuno molto più bravo di noi, in maniera anche violenta, mescolando anche un po’ di politica che qui poco centra se non niente.
“Bruciamoli tutti” o altre perle del genere sono cose che non si possono leggere ed è un peccato perché di tempo per riflettere ce ne abbiamo avuto a sufficienza. Le parole ormai vengono usate in maniera vergognosa.
Al rave c’è stato anche un morto, annegato nel Lago di Mezzano, non si è ancora capito se fosse direttamente collegato alla festa o alle sue “conseguenze” tanto sta che sono poi arrivati i genitori e qualcuno ha dovuto spiegargli l’accaduto. A quel punto chi sentenziava come descritto sopra doveva forse suggerire la spiegazione “Se l’è cercata”? “Era un povero tossico ed è morto”?
Chi si sente giusto e degno di lode dovrebbe poi esserlo fino in fondo, della serie “la libertà d’opinione è la cosa più bella che c’è in un mondo perfetto, ma il nostro mondo quanto è lontano da questa perfezione”?
Per concludere cosa ci ha ricordato il rave? Che siamo sempre pronti a guardare gli altri e trovare il negativo. Dovevamo essere migliori, per mesi all’inizio del periodo pandemico abbiamo riempito balconi e bacheche di #andràtuttobene e invece ci siamo ritrovati alla prima occasione ad additare l’altro come il negativo, lo sbagliato, l’altro che va condannato. E non abbiamo imparato ancora che i confini sono sempre più sfocati di come appaiano.
I ragazzi – europei – che si sono trovati presso il lago di Mezzano sicuramente hanno sbagliato per i tempi e i modi ma non sono poi così diversi da coloro che vorrebbero il via libera a tutto e si sono scagliati contro chiusure, vaccini, green pass ecc. e allora forse basterebbe fare un passo indietro e farci qualche volta assalire dal dubbio che tutti si possa sbagliare e che il giusto non abita solo presso di noi. Coltivare il dubbio per poter capire le ragioni dell’altro, capire, non accettare e condividere necessariamente.
Forse avremmo potuto sfruttare in maniera diversa i mesi costretti in casa a capire che sarebbe comunque sempre meglio parlarsi e confrontarsi che gridare “eh ma allora io…?”.

Di Alessandro Zecchini e Elena Tiribocchi 

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