I libri Effigi su Manciano, Pitigliano, Sorano.

Al Centro della Terra. La compagnia della Femia chiude la Trilogia teatrale della Memoria

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“La tradizione è custodia del fuoco, non adorazione della cenere”.

Gustav Malher

Lo scorso 8 e 9 dicembre al teatrino della Fortezza Orsini a Sorano la Compagnia della Femia ha portato in scena “Al Centro della Terra”, il terzo spettacolo appartenente alla trilogia della memoria, iniziata nel 2014 con Di Fronte al Fronte. Come  nello stile della Femia,  lo spettacolo è stato un tourbillon di racconti, canzoni e recitazione, episodi realmente accaduti sul territorio, cronache dal micro e dal macro cosmo. Uno specchio romantico del nostro passato più recente, che ha tenuto il pubblico in continua attenzione, sia per l’importanza e la chiara comprensione dei temi proposti, nei quali gran parte degli spettatori si sono identificati, sia per il connubio perfetto tra drammaticità e leggerezza. Certamente è stato il copione più difficile da portare in scena, per via dei numerosi passaggi temporali, per i tanti voli pindarici e per la continua alternanza tra recitazione, canzoni e letture. Grazie a Lucilla Burchielli che ha reso la sceneggiatura solida e grazie anche all’aiuto e la supervisione di Emilio Celata tutto è andato nel migliore dei modi.  Al debutto dello spettacolo il teatro era pieno in entrambe le rappresentazioni,  ed è già stato portato in scena due volte in altre location durante il periodo natalizio, a Selvena e Castell’Azzara. Al Centro della Terra verrà riproposto ancora nei mesi a venire.

Era l’inverno del 2013 quando nasceva la compagnia della Femia. Tutto ebbe inizio dall’inesauribile genio creativo di Giuseppe Pinzi, il quale trovandosi in un momento di transizione nella propria vita, decise di guardarsi indietro, alla ricerca delle proprie radici. In famiglia sentiva spesso rievocare un tragico episodio accaduto durante il passaggio del fronte in Maremma, il bombardamento della grotta delle Riparelle a San Giovanni delle Contee, dove il 14 giugno del 1944 perirono 11 persone  sotto i bombardamenti degli alleati. Una ricorrenza incrociata tra la liberazione di Sorano e la morte di tanti civili inermi. Quel giorno del 44 un ricognitore americano avvistava un carro armato nazista. I cannoni  sparavano da Montignano, il nemico scappava , ma al suo posto morivano i civili riparati nelle grotte, inermi, seppelliti poi in una fossa comune. Dopo aver ritrovato la cappella commemorativa e aver ricostruito il quadro d’insieme Giuseppe Pinzi decise di estendere la ricerca a molte altre storie accadute sul territorio durante l’occupazione nazista e il passaggio del fronte fino alla liberazione, tessendo infine una tela commovente  fatta di sangue, dolore, ma soprattutto di una gran voglia di vivere, di ricostruire, di ricominciare.  Fu così che nacque la WhatsApp Image 2019-01-16 at 14.30.06Compagnia della Femia,  un gruppo di amici che ebbe il coraggio di portare in scena qualcosa di insolito, completamente distaccato dal teatro di provincia. Una compagnia sempre viva e florida, dove c’è chi va e c’è chi arriva, dove anche chi esce  dal gruppo vi rimane comunque  legato. Di  Fronte al Fronte è stata portata in scena più di venti volte e  ha rappresentato l’inizio di quella incessabile ricerca  che ben presto con la seconda parte della trilogia, “Da qui all’Eternità”,  ha guardato più avanti nel tempo. L’opera parte dalla fine degli anni 40, con la ricostruzione e il conseguente boom economico, fino agli anni 60, con la nascita delle prime cooperative di braccianti, l’eternit, i diserbanti chimici, il decadimento dei poderi, lo spopolamento delle campagne e l’abbandono delle case lasciando le chiavi sulle porte. Da Qui all’Eternità prende spunto da un racconto di un signore locale che mentre passeggiava per i suoi campi, una volta da lui stesso coltivati,  scorgendo dell’uva di Procanico che emergeva dai rovi e assaggiandone un grappolo riconobbe “il sapore della sua fatica”. Anche Da qui all’Eternità  in questi ultimi anni è andata in scena una ventina di volte, ciò a dimostrare che questo sguardo sulle proprie radici sa far breccia nell’animo della gente, come a dire che non tutto è perduto. A questo punto non si poteva che andare avanti, continuando questo viaggio nella memoria fino ad arrivare ai giorni nostri. Ed’è in questo contesto che nasce la stesura di “Al Centro della Terra”, un viaggio emozionale  tra l’attualità e i numerosi flashback sul passato recente, accompagnati da piacevoli arrangiamenti musicali  e da letture e parti recitate molto intense. Si parte dagli anni settanta con l’avvento della televisione, che ben presto  avrebbe “sostituito le vecchie veglie davanti al focolare”, l’abbandono dei centri storici per le nuove case popolari, e ancora i venditori ambulanti, l’avvelenamento da pesticidi o  l’uso sempre più smisurato di plastica e di Eternit. Si parla della progressiva chiusura delle miniere di mercurio e delle lotte operaie,  i sindacati, la politica e la cassa integrazione. Si parla della successiva riconversione industriale post mineraria denominata “Progetto Amiata”, portata avanti dall’Eni su incentivo del governo, ma solo parzialmente realizzata, tanto da favorire ancora di più lo spopolamento della zona. Ma dentro l’opera c’è anche tanta speranza, rappresentata ad esempio dall’arrivo dei forestieri in zona, allora chiamati “Lippi” (deformazione della parola Hippies), quei capelloni che vennero ad abitare i tanti poderi ormai sfitti, dando il vita a una nuova comunità partecipativa.  Si parla di numerose testimonianze importanti per il territorio soranese, ma anche per i comuni limitrofi, da Castell’Azzara a Pitigliano. L’arrivo in zona dei Sardi  e di altri forestieri, l’apertura dei primi agriturismi, la creazione di piccole aziende familiari, l’agricoltura biologica e il turismo. Ma soprattutto emerge il desiderio di riscatto, la voglia di salvare questo territorio, di insegnare ai nostri figli il valore della casa, della terra, delle piccole cose: “è giusto essere quello che si vuole essere, e quindi  io dico alla gente che la pensa come me, non ci arrendiamo, andiamo avanti, coltiviamo la nostra terra, e grazie a noi, al nostro lavoro, il nostro territorio potrà ritrovare dignità, sviluppo e crescita”. Sono valori molto importanti  da insegnare ai propri figli, per non dimenticare. Del resto, come canta Francesco Guccini: “la casa è come un punto di memoria, le tue radici danno la saggezza, e forse è proprio questa la risposta e provi un grande senso di dolcezza”.

La Compagnia della Femia Oggi è composta da: Giuseppe Pinzi, Monica Annesi, Miriana Ceccolungo, Gioia Gubernari, Pina Gubernari, Paolo Santori, Paola Maggi, Lucilla Burchielli, Loredana Pinzi, Claudia Maggi, Roberta Mastacchini, Roberto Ceccolungo, Bruno Bizzi, Luca Federici, Mirco Fumasoli.

 

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