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Il Tempio degli etruschi sul Monte Landro

Tutta l’area che si estende intorno al bacino vulcanico del lago di Bolsena nasconde antiche città perdute, resti di edifici sacri, necropoli ed opere enigmatiche che celano culti e misteri molto antichi. Il lungo processo di cristianizzazione della Tuscia ha imposto di riedificare le chiese e le edicole di matrice cattolica al di sopra di edifici dediti a culti precedenti, ma le tracce delle antiche forme di spiritualità e di misticismo officiate nella terra del tufo seppur labili non sono del tutto scomparse.
La presenza delle acque azzurre del lago, l’esposizione a sud, l’abbondanza di boschi, le sorgenti termali e la notevole attività tellurica hanno reso la sponda del lago compresa tra Bisenzio e Montefiascone perfetta per innalzarvi templi e, secondo alcuni studiosi, avervi potuto collocare persino il santuario federale delle dodici lucumonie. Il Fanum Voltumnae, un tempio mitico mai ubicato, da decenni crea continue diatribe tra archeologi e studiosi freelance. L’ostinazione degli accademici nel mantenere il punto sulla teoria che la città di Volsinii fosse Orvieto, quindi sede del santuario caro a tutta la dodecapoli ha generato forzature e confusioni, tantoché negli scavi al tempio del Belvedere come salta fuori una testa marmorea, essa deve per forza appartenere alla dea Voltumna (addirittura associata a volti maschili).

Il tempio sul Monte LabbroLa questione dell’ubicazione del mitico fanum voltumnae deve per forza tenere conto di caratteri sottili, spirituali, toponomastici, e non solo di questioni di convenienza. In primis va detto che Voltumna era una divinità delle acque fecondatrici, quindi difficilmente Orvieto poteva farne le veci, considerando le difficoltà storiche di approvvigionamento delle acque sulla sua rupe tufacea e la scarsità oggettiva in zona di fiumi e di selve lussureggianti.
E’ più probabile che il fanum sorgesse in una zona dominata dai boschi e dalle acque, da una natura selvaggia e dalla vicinanza di una via di comunicazione che favorisse il pellegrinaggio, e la stessa Bolsena è attraversata dalla via Cassia, fondamentale in epoca etrusco romana, a cui si è successivamente affiancata la via Francigena, arteria principale per tutta la cristianità. Nonostante siano stati individuati quasi venti templi nell’area intorno Bolsena (compresa la Malta Papale, sull’isola Bisentina) la presenza di scavi si è ridotta a poche saltuarie occasioni. Appare evidente l’intenzione degli accademici di lasciare nell’ombra una zona che sembra rappresentare un’area sacrale diffusa, estesa. Qualche anno fa si è verificata una scoperta sensazionale, sul Monte Landro, uno dei più alti tra i monti Volsini, nel comune di San Lorenzo Nuovo, dove sono stati riportati alla luce i resti di un grande tempio, il quale si compone di un’area perimetrale di enormi proporzioni.
La prima caratteristica da notare appena si raggiunge la cima del colle è rappresentata dalla particolare attenzione che gli etruschi dedicavano all’ubicazione dei luoghi sacri. In questo caso si tratta di un’altura semicircolare perfettamente centrata rispetto al lago, da cui si gode di una vista dell’intero bacino, nonché dell’intero percorso che il sole percorre nella volta celeste. I ritrovamenti effettuati durante le campagne di scavo confermano una funzione sacrale di notevole importanza nel tempio di Monte Landro, molto simile a quella del tempio di Turona, scoperto dall’archeologo Raymond Bloch.
Il tempio dedicato a Turan, dea dell’amore e della beltà, venne costruito in presenza di due corsi d’acqua e innalzato sopra una faglia vulcanica attiva, quasi che le esalazioni del vulcano potessero comunicare ai sacerdoti messaggi dal mondo degli inferi. A monte Landro le dimensioni architettoniche del tempio corrispondono alle descrizioni analitiche degli edifici sacri etruschi riportate da Vitruvio e i numerosi ritrovamenti testimoniano un culto che va dall’ottavo secolo fino al III secolo aC. Ma i caratteri più importanti vanno identificati in alcuni elementi come l’Ornitos, una conformazione rocciosa soggetta a un rapido raffreddamento della pietra lavica, che ha preso le sembianze di una rosa.
Invece il puteale, un oggetto in pietra modellato a forma di pozzo fornisce notevoli informazioni su una delle divinità a cui il tempio era dedicato. Secondo Giovanni Feo il pozzo, che si trova raffigurato in molte iconografie e che a Monte Landro giaceva all’interno della vasca sacra, fa parte della raffigurazione del mostro Volta, dal corpo di uomo e la testa di Lupo, una delle divinità infernali alle quali gli etruschi offrivano rispetto tanto quanto a quelle celesti. landro3
La leggenda, ripresa da Plinio il vecchio narra di Porsenna che uccide il mostro Volta, ma questa è probabilmente una reinterpretazione di stampo romano di una tendenza a controllare le energie telluriche da parte dei sacerdoti etruschi. Per questo essi sceglievano di costruire luoghi sacri su faglie vulcaniche, probabilmente per contenerne la forza distruttiva. Anche la vasca sacra indica un contatto diretto con le divinità degli inferi, sul fondo di essa infatti risiede un buco naturale che scende nelle profondità della terra. Probabilmente si tratta di uno sfogo naturale del vulcano, dal quale fuoriuscivano vapori termici, tanto che secondo i racconti degli anziani di San Lorenzo durante le nevicate su monte Landro la neve non attaccava. Probabilmente la leggenda legata al mostro Volta nasconde una chiave molto più mistica, ovvero quella di costruire degli edifici sacri sopra le faglie vulcaniche, per placare la furia eruttiva dei crateri. Questo legame profondo che gli etruschi avevano con le energie telluriche è impossibile da comprendere per noi moderni, tanto che ai giorni nostri anziché cercare di contenere i vulcani si sta scegliendo di infastidirli con progetti di realizzazione di centrali geotermiche sull’Alfina, le quali potrebbero sconvolgere gli equilibri della zona del lago di Bolsena, rischiando anche di causare i cosiddetti terremoti indotti.

Luca Federici

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