I libri Effigi su Manciano, Pitigliano, Sorano.

Il mondo si è fermato, il vino no

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Edoardo Ventimiglia

Il Vino non si ferma è il nome dell’associazione di vignaioli italiani nata al tempo del Coronavirus. In realtà il termine “associazione” non è del tutto esatto poiché si tratta più di un movimento di persone (ad oggi oltre 400 produttori piccoli e medi) che hanno fatto rete e messo in campo la propria esperienza per affrontare questo momento di crisi straordinaria e per gettare le basi per una ripresa di un settore vitale per l’economia del nostro paese.
A livello locale uno dei coordinatori del movimento #Ilvinononsiferma è Edoardo Ventimiglia, proprietario insieme alla moglie Carla dell’azienda vitivinicola Sassotondo a Sovana e da tempo partner del nostro giornale.
Il movimento è partito proprio dalla Toscana (oltre il 25% delle aziende aderenti) e anche in provincia di Grosseto ha avuto tante adesioni (sempre sul territorio segnaliamo l’azienda di Antonio Camillo a Manciano).
“Dalla crisi si esce tutti insieme” è il motto che ha guidato la costituzione del movimento che oltre a condividere idee ed esperienze tra chi si occupa del settore ed evidenziare le criticità della filiera, ha l’obbiettivo di proporre soluzioni per problemi grandi e piccoli che l’emergenza Coronavirus ha fatto nascere.
Punto primo. I vignaioli non si sono mai fermati come tiene a sottolineare Ventimiglia: “Questa rete che abbiamo creato serve per sopravvivere poiché a differenza di altre attività noi vignaioli non ci siamo mai fermati, abbiamo continuato a lavorare in campagna, a fare le consegne, a curare le cantine. Siamo convinti che in una situazione straordinaria come quella che si è venuta a creare, servano azioni straordinarie e veloci come quelle che abbiamo messo in campo noi produttori per costituire questa rete”.
Ma quali sono le problematiche principali portate dal Coronavirus ad un viticoltore? “Essenzialmente due-ci spiega sempre Ventimiglia-la liquidità aziendale e il magazzino. La liquidità è legata alle perdite, si prospettano scenari pessimi con perdite pari al 50% rispetto agli ultimi anni per i più ottimisti. C’è il problema insormontabile della burocrazia che purtroppo come si sente dire un po’ ovunque danneggia ulteriormente le aziende e questo già prima del Coronavirus.
Per quanto riguarda il magazzino la domanda è cosa facciamo con il vino che produciamo? Soprattutto le cantine che fanno vini di qualità. Parlando di questo e della dinamica delle nostre aziende purtroppo si riscontra una mancanza di conoscenza delle realtà vitivinicole da parte degli organi competenti che purtroppo è avvilente quanto la situazione che stiamo vivendo”.
Proprio in questi giorni alcuni a livello nazionale si è sentito di alcuni viticoltori che hanno accettato come soluzione alla produzione in eccesso la distillazione, pratica che non trova d’accordo Ventimiglia e l’associazione in questione: “Parlare oggi di distillazione per i nostri vini è un’offesa al nostro lavoro, soprattutto se pensiamo alla storia e alla qualità delle produzioni. Può essere una soluzione per certe aziende magari, ma non per quelle che compongono questa rete di produttori. Parliamo inoltre di una soluzione vecchia di vent’anni che ha portato anche problematiche legate a frodi fiscali o simili”.
Le richieste nel breve-medio periodo sono chiare, aiuti economici e incentivi per sistemare le aziende e migliorarle dal punto di vista dello stoccaggio (magari con incentivi per locali in affitto, per l’acquisto di macchinari per la conservazione dei vini ecc.) il tutto con una burocrazia a zero o quasi.
Ma poiché siamo nella fase 2, come sarà il mercato del vino con e post coronavirus? Anche su questo Ventimiglia sembra avere le idee chiare: “Queste richieste servono solo per sopravvivere sia chiaro. Per il futuro servirà anche altro. Purtroppo il mercato estero sarà praticamente fermo per quest’anno e se pensiamo alla situazione tragica di alcuni consumatori DOC come gli Stati Uniti e soprattutto allo stato di New York dove vi era un mercato fatto di ristoranti, enoteche, piccoli locali che non ci saranno, non possiamo che essere pessimisti. Sia chiaro tutto questo tornerà, riapriranno quei locali, ma non per ora. Quest’anno dovremo accontentarci degli italiani e forse, speriamo dell’Europa. Per questo dico che queste misure servono nell’immediato per farci sopravvivere. Per il futuro presumo che si possano aprire nuovi mercati e dovremmo farci trovare pronti. Credo che la vendita di prossimità possa migliorare se ci sarà la voglia e la forza di farlo da parte di tutti. Un’altra prospettiva interessante è quella legata alla filiera di distribuzione che può cambiare. L’e-commerce è un palliativo del momento ma che la catena distributiva si può riorganizzare in modo differente magari accorciandola. Anche per questo con #Ilvinononsiferma stiamo cercando di coinvolgere anche altri attori come distributori e ristoratori oltre a noi produttori”.

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